PIAZZA MUNICIPIO, CUORE ANTICO DI ARPINO
A Dario Macioce
Anche se sono lontani i tempi in cui «Pruopria ‘mmise la piazza, ogne matina, / Asseruta a ‘na seggia scanganata / Tetélla strilla cumme a ‘na cajina: / ‘Ué!’ ne ternese ddù piere re ‘nzalata / J pe nen farve remané a ddjune, Ve rònghe pe ‘ne solde tre cetrune!» (da ‘La piazza nova’ di Filippo Nicolò), piazza Municipio non è cambiata granché.
Ma da quando? Chissà! Di sicuro da quando borghesi e popolani del bel tempo andato, le signore, semmai, abbigliate con toilettes create da Madama Moccia, ‘stilista’ napoletana sulla cresta dell’onda e, pare, molto più pregiata del Valentino d’oggi, non esitavano a ‘posare’ dinanzi agli obiettivi di Costantino Bianchi ed Alberto Ciccodicola, presumibilmente nei giorni di festa e, comunque, alla fine della Messa, all’uscita da San Michele.
‘Le vecchie storie di piccole cose’ raccontate da Dario Mancini in un album che è lo spaccato di un’epoca, fine-inizio secolo, non potevano ignorare questa piazza che è il cuore stesso di Arpino ed il suo salotto buono.
Qui, dire «c’era una volta…» non ha senso. Quello che c’era, c’è ancora: la Parrocchiale di San Michele Arcangelo. Il Palazzo del Comune. Il Palazzo Bianchi. Solo dietro la facciata del Convitto Nazionale c’era qualcosa di diverso: il Teatro comunale. Nel 1890, il Comune lo cedette al Convitto ed il suo interno venne totalmente stravolto ed adeguato alla diversa destinazione.
‘Le vecchie storie’ raccontano di quando «Tommasino ‘il ramaro’ esibiva in bella mostra i suoi lucidissimi rami» o di quando la garitta «addossata al pilastro centrale del Convitto custodiva la bilancia per la pesa dei prodotti soggetti a dazio la cui sede, chiamata ‘ruanella’ (doganella), era in quello che è oggi l’ufficio dei Vigili Urbani».
«Le porte dei negozi sono ancora serrate», dicono poi le ‘storie’. «Ma le insegne offrono ampio spazio ai ricordi: accanto al Bazar de ‘J Furiere’ si apre la pasticceria di Filippo Mosetti ‘Fabbricante di dolci’, che con quella di Mario Panetta era famosa in tutta la provincia per le paste, torroni e gelati. Sulla destra la ‘Sala per toletta’ della famiglia Quadrini che diventerà poi ‘Mondo Moderno’ e ancor oggi gestita dalla stessa famiglia come cartolibreria».
Un cuore antico, insomma, che, invecchiando, diventa sempre più suggestivo. Ma ringiovanisce anche, come ormai accade da nove anni, nella circostanza che oggi si ripete, con la presenza dei giovanissimi, e meno giovani, fans dell’Arpinate partecipanti al Certamen ed il vociare soffuso e diffuso e variopinto dei loro idiomi diversi.
Peccato solo che nell’analoga circostanza ci siano anche altri vociare, meno soffusi e più diffusi, e variopinti, semmai, solo tra il grigio e il grigio scuro, che verranno probabilmente a ripetere, ad un pubblico che ci si ostina ad identificare con quello del natio paesello, che in Italia il latino è lingua viva perché si vende la benzina super e c’è il governo che non di rado s’inventa l’una tantum.
Ti viene, allora, da rimpiangere il bel tempo andato quando all’Albergo dell’Aquila di Luciano Conocchia scendevano le compagnie di Varietà o di Operetta e per Arpino, in men che non si dica, si diffondeva la voce che erano arrivate ‘le teatriste’: «esse portavano un soffio di mondanità turbando, sia pure per poco, la quiete dei pomeriggi sonnolenti in piazza», raccontano sempre ‘le vecchie storie’.
Le nuove, al contrario, possono riferire solo dei ‘tea-tristi’.
© Costantino Jadecola, 1989.
One Reply to “PIAZZA MUNICIPIO, CUORE ANTICO DI ARPINO”
Amo la provincia italiana! Li la vita sembra si sia fermata e si può ancora respirare l’aria delle vecchie cose di “ottimo” gusto!
Fortunatamente in Italia esistono ancora posti dove il tempo sembra non scorrere.