PICINISCO VERSO UN’ERA TURISTICA
Aleggia su Picinisco la storia d’amore tra Costanza Chatterley ed il guardiacaccia Mellors narrata da David Herbert Lawrence in quell’appassionante romanzo che molti anni fa provocò clamorosi processi e scandali altrettanto clamorosi ma nel quale oggi tutti riconoscono un classico della letteratura inglese del Novecento, Lady Chatterley’s lover da noi L’amante di Lady Chatterley. Un romanzo che non è frutto di fantasia o, almeno, non completamente.
In uno dei suoi numerosi soggiorni italiani, infatti, Lawrence venne anche qui, a Picinisco, con Frieda von Richtofen alla ricerca di ispirazione e di clima salubre — fu nel 1914 — e lo scrittore inglese soggiornò in contrada «Serre» presso l’amico Orazio Cervi, come mi informa Vincenzo Arcari, autore di una pubblicazione su Picinisco, e nulla esclude che scrivendo poi la vicenda erotico-sentimentale di Costanza Chatterley egli non abbia tenuto presente questi luoghi incontrati nel suo soggiorno ed anche certi tipi umani come il Guardiacaccia Mellors.
Nella zona di Picinisco — ora territorio di Settefrati — un tempo vi erano delle miniere. Ebbene, anche da Wragby Hall, «la vecchia casa lunga e bassa» che «sorgeva su un’altura, nel mezzo d’un vecchio parco di querce», dove il romanzo è ambientato, «si vedevano a breve distanza il fumaiolo della miniera di Tevershall, con le sue nubi di vapore e di fumo e, nella lontananza umida e velata della collina, il villaggio di Tevershall, spoglio e disperso che cominciava quasi alle porte del parco…».
E poi, anche a Picinisco è possibile incontrare un «vecchio parco di querce», proprio poco discosto dall’abitato, come a Wragby Hall, al centro del quale sorge un grosso complesso alberghiero, con piscina e campo da tennis, voluto dall’ing. Carlo Alberto Mancini e che solo le difficoltà derivanti dalla lunghezza del nome hanno impedito che si chiamasse «Parco delle mille querce», lasciando propendere verso il più orecchiabile «Diana Park Hotel».
Ha aperto agli inizi di luglio ma è ancora in fase di rifinitura. Tuttavia è stato ugualmente preso d’assalto da chi, desideroso di fresco e di quiete, di meglio certo non poteva trovare: dalle ampie vetrate della hall, istoriata con motivi di caccia in omaggio alla natura circostante ed alla figlia di Giove e di Latona, l’occhio può spaziare dalle cime delle Mainarde verso tutta la Valle di Comino, traendo allo spirito benefici effetti di serena tranquillità, il tutto con lo squisito contorno della cordiale ospitalità dei padroni di casa. Non è pubblicità redazionale ma il fatto nuovo della Valle di Cornino e forse la prima tappa verso una era turistica della zona che a Picinisco viene vista non come una cosa che domani potrebbe essere il toccasana per i molti mali che affliggono queste contrade ma come una realtà, sia pure in fase embrionale, tuttavia già ben definita e programmata.
Senza attendere che Frosinone sblocchi l’eterno isolamento della Valle — e che ciò avvenga appare sempre più utopistico visto la fine che ha fatto la tanto reclamizzata superstrada elettorale Sora-Atina-Cassino anche dopo quella parvenza di smentita che Gargano ha fatto in seguito a certe notizie di recente comparse sulla stampa quotidiana — Picinisco si è votata definitivamente al turismo nella convinzione che una volta che siano state create efficienti e funzionali infrastrutture da offrire al turista, questi troverà comunque la strada.
Me ne parla con vivo interesse il Sindaco Sergio Bartolomucci il quale espone a grosse linee il vasto programma che si ha in animo di condurre in porto e che di qui a qualche anno dovrebbe vedere l’esplosione di Picinisco in campo turistico quale serio ed efficiente concorrente delle più rinomate stazioni invernali del Centro-Sud. Dopo il «Diana Park Hotel», «che si poteva realizzare solo con il coraggio dell’ing. Mancini», dice Bartolomucci, già è stato aperto un altro ristorante e molte ancora sono le domande presentate in Comune per altre iniziative del genere. Sono in programma, inoltre, la costruzione di un residence alle porte del «Parco», in località Fontitune (ricordiamo che Picinisco e uno dei Comuni della Ciociaria porte del cui territorio è inserito nel Parco Nazionale d’Abruzzo), e altri nuovi impianti per Prato di Mezzo, la località sciistica che già da alcuni anni va richiamando un sempre maggior numero di appassionati e che è oramai collegata a Picinisco con una strada panoramica quasi del tutto bitumata.
È proprio Prato di Mezzo ( m.1.450) infatti, il «settebello» di Picinisco e su questa località si appuntano tutte le premesse per l’esplosione turistica che, si ha motivo di ritenere, sarà effettivamente tale.
Questa medaglia, però, ha un rovescio che si avvicina di molto a quello di tutti gli altri Comuni della Valle ma che è necessariamente sopraffatto dal coraggio col quale ci si è decisi a scegliere la strada da seguire: l’emigrazione ha anche qui, è scontato del resto, il suo posto d’onore con il 25, 2% in meno di popolazione fra il 1.951 (2.884 ab.) ed il 1.961 (2.157 ab.) ed ulteriore diminuzione nell’ultimo decennio. Tuttavia già molti emigrati son pronti a rientrare ed a sfruttare, quando sarà il momento, il boom turistico. Drammatico è anche lo sfoltimento delle giovani leve — a Picinisco manca la Scuola Media e le prime classi delle Elementari sparse nel territorio comunale richiamano ogni anno un sempre minor numero di alunni — per cui si ha motivo di ritenere che di qui a qualche anno la popolazione sarà esclusivamente composta da anziani e da turisti che, sia detto fra parentesi, han fatto già man bassa di buona parte delle abitazioni esistenti in paese. I problemi di pubblica utilità sono stati parzialmente risolti e verranno comunque ultimati entro due, tre anni mentre la pastorizia, tradizionale privilegio della zona, continua ad essere florida, con la conseguente produzione «con solo latte di pecora di formaggi pecorini degni di denominazione», come ha scritto recentemente Luigi Veronelli su Panorama (Anno IX, n. 285 del 30 settembre) aggiungendo che essi sono «di morbida fragranza sia al naso sia al palato se freschi; autoritari sino al piccante (ma conservano una loro delicata «disponibilità») una volta stagionati».
La pastorizia, del resto, con l’agricoltura, è l’unica industria presente in loco ed assorbe di conseguenza la manodopera locale non ancora attratta dall’emigrazione.
È dunque un quadro non estremamente ma comunque ottimistico quello offerto da Picinisco e che si allontana di molto dalle impressioni ricevute in altri Comuni della Valle di Comino e che, in ultima analisi, potrebbe apparire anche estremamente egoistico. Ma tale non dovrebbe essere ove si consideri che Picinisco sta agendo con le proprie forze e quindi senza niente togliere agli altri.
E ciò dopo aver compreso che era necessario scuotersi comunque per venir fuori da uno stato comatoso presagio di morte sicura, la stessa che praticamente sta attanagliando, se non ha già fatto vittime, altri Comuni della Valle che per aver troppo creduto e sperato in « santi » elettorali si ritrovano oggi con un pugno di mosche fra le mani ed un Consiglio di Valle sempre meno efficiente, se mai lo è stato.
©Costantino Jadecola, ottobre 1971, Ciociariasettanta