Affinità elettive” fra Terelle e Terracina

Affinità elettive” fra Terelle e Terracina

 Prob­a­bil­mente non fu il pri­mo ad emi­grare da Terelle però è sicu­ra­mente il pri­mo emi­grante di cui, oltre la pro­fes­sione, si conosca l’i­den­tità, anche se lim­i­ta­ta al solo cog­nome: il pas­tore Bianchi.

 Si rac­con­ta che oltre tre sec­oli or sono l’iso­la di Pon­za fos­se com­ple­ta­mente dis­abi­ta­ta e che gli uni­ci a fre­quen­tar­la fos­sero i pesca­tori che vi si reca­vano da Ischia. Insom­ma, la situ­azione era tale che rius­ci­va persi­no dif­fi­cile trovare qual­cuno disponi­bile ad assumere l’in­car­i­co di “tor­riere”, ovvero di cus­tode del­la torre. Tut­to ciò fino a quan­do, agli inizi del 1700, non si offrirono per tale incomben­za il Bianchi di cui si dice­va ed un cer­to Mat­tia di Ter­raci­na. Sem­bra che i due non si lim­i­tassero a svol­gere il com­pi­to loro affida­to ma si pre­oc­cu­passero anche, con l’ausilio di volpi da essi stes­si introdotte sul­l’iso­la, di ster­minare i moltissi­mi conigli sel­vati­ci che la infes­ta­vano, dis­truggen­do ogni cul­tura. Poi, quan­do Pon­za prese a ripopo­lar­si, Mat­tia tornò a Ter­raci­na men­tre Bianchi rimase sull’isola.

 Una doman­da è d’ob­bli­go: come mai un pas­tore di Terelle finisce su un’isola?

 E’ una sto­ria anti­ca, anti­ca quan­to lo è la pas­tor­izia, e, dunque, la tran­suman­za, di cui mons. Roc­co Bonan­ni nel­la sua Mono­grafie storiche ci offre ques­ta tes­ti­mo­ni­an­za: “A Terelle spes­so l’in­ver­no per lunghi giorni la neve prende sta­bile dimo­ra! Quel­la popo­lazione, fat­ti­va quan­to mai, non sapen­do ved­er­si in una inerzia pro­l­un­ga­ta e non poten­do atten­dere ai lavori agri­coli ed alla pas­tor­izia a causa del fred­do e del gelo ecces­si­vo, emi­gra sui pri­mi di set­tem­bre a Ter­raci­na per ritornare a pri­mav­era a Terelle! Infat­ti buona parte delle famiglie di con­ta­di­ni, dopo sem­i­na­to, nel­la sec­on­da quindic­i­na di agos­to, il gra­no nel­la regione dei fag­gi e cel­e­bra­ta la fes­ta del Pro­tet­tore S. Egidio abate (1° set­tem­bre) prende la via di Ter­raci­na. Oggi però ques­ta emi­grazione tem­po­ranea è dimi­nui­ta di molto, sia per­ché diver­si emi­gra­no in Amer­i­ca ed in Fran­cia; sia per­ché alcune famiglie han­no pre­sa sta­bile dimo­ra a Ter­raci­na, costru­en­dosi case e com­pran­do ter­reni. Fino a pochi anni addi­etro i terelle­si for­ma­vano sul­la riva del mare, in quel­la ridente cit­tà, una colo­nia sep­a­ra­ta, che vive­va in numerose capanne fat­te di paglia. Un incen­dio le dis­trusse qua­si tutte e furono ricostru­ite in muratu­ra”.

 Ma per­ché andar via da Terelle se Pasquale Cay­ro nel­la sua Sto­ria sacra e pro­fana di Aquino e sua Dio­ce­si assi­cu­ra che, ma ciò almeno agli inizi del sec­o­lo scor­so, “vi si res­pi­ra aria sana, ed il suo ter­ri­to­rio, ancorché mon­tu­oso, pro­duce in abbon­dan­za gra­no, otti­mi legu­mi, gra­n­odin­dia, gus­tose castagne, e vi sono altresì quer­cie e fag­gi e buoni pas­coli per gli armen­ti; ma delle frutte le sole gel­sa more e fragole nel mese d’Agos­to si rac­col­go­no”?

 Se la migrazione sta­gionale, o tran­suman­za che dir si voglia, è un fenom­e­no qua­si nat­u­rale, il fat­to nuo­vo, tragi­co, des­ti­na­to anch’es­so a diventare una con­sue­tu­dine, è l’em­i­grazione: esplode quan­do ci si rende con­to sul­la pro­pria pelle che aria sana, gra­no, legu­mi e quan­t’al­tro la ter­ra offre, ma qua­si con avarizia, non bas­ta più per vivere; quan­do si ha la sen­sazione che al di là di monte Cairo le cose forse van­no un tan­ti­no meglio.

 Poi, le due guerre mon­di­ali pla­cano il fenom­e­no. C’è, anzi, un’on­da­ta di ritorno: 1.871 abi­tan­ti nel 1911, 2.221 nel 1921; 2.062 nel 1936, 2.278 nel 1951. Appe­na dopo, però, inizia di nuo­vo la disce­sa e se nel 1961 gli abi­tan­ti sono 1.723 calano a 1.077 nel 1971 ed a 947 nel 1981. Ma ques­ta è un’al­tra storia.

 Ciò che di con­cre­to res­ta di quan­to si è det­to è quel­la che, forse impro­pri­a­mente, potremo definire “affinità elet­ti­va” fra Terelle e Ter­raci­na, affinità di cui in qualche misura ci si pote­va ren­dere con­to quan­do, sino ad alcu­ni anni or sono, le province di Frosi­none e di Lati­na era­no abbinate nel­lo stes­so elen­co tele­fon­i­co. Al di là del­la con­se­quen­zial­ità alfa­bet­i­ca delle due local­ità, era inter­es­sante vedere, e la cosa face­va anche un cer­to effet­to, come buona parte dei nomi di Terelle si ripetessero nel­l’e­len­co di Ter­raci­na — devo pre­cis­are che ques­ta ricer­ca “tele­fon­i­ca” venne a suo tem­po ese­gui­ta da mia figlia Fed­er­i­ca — con le inevitabili vari­azioni sul tema dovute prob­a­bil­mente ad errate trascrizioni ma forse anche ad una non esat­ta conoscen­za del pro­prio cog­nome: si va, infat­ti, da Azzoli con derivazioni Azzo­la, Azzoli­na e Azzoli­ni a Bianchi (Bian­co, Bian­chi­ni), da Bion­di a Cece (Ceci), da Del Duca a Di Man­no, da Gazzel­lone (Gazzelli­ni, Gazzel­loni) a Ian­nel­li, da Ian­nuc­ci (Ian­nuzzi) a Mar­i­ani (Mari, Mar­i­ano), da Palom­bo (Palom­bi, Palum­bo) a Paolel­la, da Parisel­li (Parisel­la) a Patri­ar­ca, da Savel­li (Saveri) a Tari; poi, anco­ra, Caprio, Cavar­ra, Cic­cone (Cic­coni), Cor­reale (Cor­i­ca, Corel­li), D’Aguan­no, Di Man­no, Di Tom­ma­so, Di Vizio, Falo­vo (Falo­va, Fal­vo), Grossi, Iun­ni (Iur­lo), Leone (Leo, Leoni, Leonet­ti), Mar­roc­co (Mar­roc­ca), Mele (Meli), Nota, Panzi­ni, Papa (Papi), Pec­chia (Pec­chi­ni, Pec­ci) Reale (Reali, Rea), Risi, San­to, Spina, Tesa (Tes­ta), Vet­traino e Vocella.

 Quan­to ai cog­no­mi più “pro­lifi­ci”, stan­do sem­pre ad uno degli elenchi tele­foni­ci di cui si è det­to, tra gli abbon­ati di Ter­raci­na Grossi risul­ta­va ben 50 volte segui­to da Ceci (45), Di Man­no e Parisel­la (43), Del Duca (42), Pec­chia (41), Mari (32), nat­u­ral­mente Bianchi (28) e via via tut­ti gli altri.

 L’in­ter­es­sante a questo pun­to sarebbe sapere se tra gli “omon­i­mi” che anco­ra vivono sulle pen­di­ci del monte Cairo e quel­li che da qualche gen­er­azione sono ormai cit­ta­di­ni a tut­ti gli effet­ti del­la cit­tà tir­reni­ca ci sono anco­ra oggi delle relazioni umane oltre che di par­entela sem­mai con ris­volti tali da mer­itare la gius­ta atten­zione per “appro­fondire” ancor più questo rap­por­to, sicu­ra­mente orig­i­nale, fra le due comunità. 

© Costan­ti­no Jadeco­la, 1997.

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