32 / LA NOSTRA STORIA / I MOLTI VOLTI DEL TERRORE
Anche il mese di marzo non è da meno a quelli che lo hanno appena preceduto quanto ad eventi drammatici direttamente o indirettamente dipendenti dalle vicende belliche. Ce n’è abbastanza, insomma, perché il terrore e lo spavento continuino nel loro incontrastato dominio sulle persone.
A Coreno Ausonio, il 4 marzo, due giovanissime donne, Maria Di Bello(17 anni) e Maddalena Parente(25) vengono sorprese da alcuni soldati tedeschi nel loro nascondiglio: nonostante tentino in tutti i modi di difendersi dal loro tentativo di violenza carnale, alla fine vengono uccise.
Ad Ausonia, mi ha raccontato Michele Tomas, il 6 marzo, «in seguito ad una feroce rappresaglia nazista, vennero fucilate due donne ed un giovane. Le due madri avevano lasciato i loro figli soli in un pagliaio in contrada Tore ed erano scese in paese in cerca di cibo per poter sfamare i loro bambini che morivano di fame. Vennero catturate dalle SS nei pressi del comando tedesco di contrada Iardino. La più giovane delle due si trovava in stato interessante all’ottavo mese ma un soldato, incurante di ciò, le sparò una fucilata dietro la tempia. La poveretta, nel cadere a terra, portò le mani al ventre nel disperato tentativo di proteggere il bambino che aveva in grembo.
«L’altra madre, invece, fu gettata a terra, trascinata ed uccisa con due fucilate. Il giovane venne catturato nel corso di un rastrellamento sulla montagna di Rotondoli ed ucciso la sera stessa dopo essere stato seviziato».
L’8 marzo, deve registrarsi uno “scontro” fra aerei nel cielo di Anagni: quello inglese ha la peggio. Il pilota si lancia con il paracadute e precipita sulla tenuta Del Monte, verso Sgurgola.
Ancora quel giorno muore padre Igino Basiliciil cui diario è stato una insostituibile fonte di informazioni sulle vicende belliche accadute ad Anagni e zone limitrofe.
A Coreno Ausonio, il 12 marzo, si registra il suicidio del settantenne Crescenzo Panzanella: trovato in casa da una pattuglia tedesca che gli ordina di seguirlo, Crescenzo, fingendo di ubbidire, si ritira, invece, in un vano attiguo dove, con un comune coltello si lacera la gola. Muore lo stesso giorno.
Se il 15 marzo è il giorno del violento bombardamento di Cassino, il 17, due giorni dopo, è la volta di Veroli, Alatri e Ferentino e, nel primo pomeriggio, anche di Frosinone.
A Veroli sono le 10,20, proprio mentre in cattedrale si stanno officiando i funerali di Egeziaca Fiorini: il sacerdote è costretto a troncare la cerimonia; i fedeli fuggono spaventati; la salma viene portata a cimitero di corsa. I danni più gravi provocati dal bombardamento sono quelli che distruggono la casa della signora AnnaQuattrociocchi, in via Ettore Ciolfi. Muore, per le ferite riportate, Gioconda Fraia.
Di ciò che accade ad Alatri riferisce, invece, Angelo Sacchetti Sassetti: «17 marzo — Questa notte, ore 24 circa una bomba. Ore 9–10 due o tre bombe alla contrada Vignola (6 morti). (Primo bombardamento ad Alatri). Fuori di Porta S. Pietro: morto sfracellato un maresciallo tedesco mentre fuggiva dalla casa Evangelisti al rifugio. Danni alla casa Biani. Un tenente tedesco ha la visiera traforata da una palla. Mancano particolari. Ore 12 circa, un camion tedesco con 4 feriti (due gravi) all’Ospedale. Operai chiamati dal banditore a Vignola per riparare la via. Stazione ferroviaria danneggiata (stazione e magazzini). Binario, al passaggio a livello, spezzato; luce elettrica danneggiata (furono spezzoni non bombe). Stazione mitragliata. Danneggiata la casa di Sisto Di Fabio e del vicino maniscalco. Il Vescovo accorre all’Ospedale, ha fatto pratiche perché i Tedeschi stiano a 7 km., secondo l’ordine. E’ impossibile, essendo tutti gli altri luoghi occupati. Molti i feriti; una bambina è morta poi all’Ospedale
Del bombardamento di Ferentino è testimone Gino Martiniche quella mattina si trovava “vicino alla centrale del ‘Canterno’. Stavamo aspettando, io e Aldo Franchi, la ‘mpanata’ (pane ricoperto di ricotta) che un pecoraio della zona ci stava preparando. Dalle montagne di Alatri comparve una formazione di ‘fortezze volanti’. Erano tante. All’improvviso dal primo apparecchio venne lanciato un segnale fumogeno. La formazione si allargò. Dagli aerei caddero tanti piccoli oggetti che io scambiai per volantini. Ma dopo qualche attimo si videro colonne di fumo levarsi da Ferentino. Poi arrivò anche il fragore degli scoppi.
«Era il primo grande bombardamento della Città. Dopo il quale la maggior parte della popolazione abbandonò le abitazioni del centro storico per rifugiarsi nelle campagne».
I danni di quel bombardamento riguardano soprattutto il versante nord della collina di Ferentino. I morti sarebbero 8 e altrettanti i feriti.
Il primo pomeriggio di quello stesso giorno Frosinone era dominata da un profondo silenzio. Ma anche da un «sole sfolgorante».
Padre Giuseppe Palombodel convento redentorista delle Grazie invita il confratello padre Tatarelli, che ne riferisce, «ad andare con lui a frugare nella farmacia del vicino ospedale, già mezzo diroccato da precedenti bombardamenti, per ricuperare qualche medicina da conservare nella sala attigua alla chiesa, insieme al materiale sanitario che avevamo salvato dalle razzie dei tedeschi e dei nostri.
«Feci osservare con una certa vivacità che la proposta era quanto mai inopportuna per la probabilità di incursioni aeree, così facili in quella giornata tanto limpida. E ricordai la sorte che Alatri, Veroli e Ferentino avevano subito in quella mattinata. Ma il mio Superiore insisteva: e allora lo seguii a malincuore per la salita di Via Quintino Sella».
I due religiosi erano da poco giunti alla farmacia e stavano appena rendendosi conto della pulizia a tappeto alla quale essa era già stata sottoposta quando la loro attenzione fu attratta dal rombo degli aerei.
-Lo dicevo io! dice padre Tatarelli fra lo spaventato e lo stizzito.
-Ma non sono per noi: sono già sulla città. Perciò passano, diretti altrove, ribatte padre Palombo, che intanto si era spostato sull’uscio e guardava in alto.
«Ma proprio in quel momento incominciò la tragedia infernale. Le bombe piovevano a grappoli, prima lontane, poi sempre più vicine. Sentivamo chiaramente lo strappo dello sgancio, il fischio della traiettoria e lo schianto dello scoppio. Tra i vari momenti della caduta dei micidiali ordigni intercorrevano pochissimi secondi che a noi, però, parevano eterni.
Il cerchio di fuoco si stringeva sempre più intorno a noi; sembrava che proprio l’ospedale fosse l’obiettivo preso di mira dagli anglo-americani. Atterriti ci giravamo sgomenti fra le mura cadenti, nella speranza assurda di trovare un nascondiglio sicuro. Finalmente ci fermammo ad un angolo nella previsione della morte. Pregammo; ci demmo l’assoluzione ‘in articulo mortis’. E attendemmo il momento fatale.
«Dopo pochi istanti due scoppi, quasi di fulmine, rintronarono a pochi metri lontano da noi. Fu un crollo pauroso di tutti i mozziconi di mura rimasti ancora in piedi; e un turbinio di calcinacci, di polvere ci cadde addosso, seppellendoci fino ai ginocchi. Mi sentii morire. Guardai il P. Palombo che si abbandonava svenuto e sanguinante al viso. Urlai disperatamente: ‘Padre Palombo! Padre Palombo!’».
Ma si tratta solo di una ferita superficiale. Padre Tatarelli, invece, dice di essere rimasto sordo per alcuni giorni. Non solo. Ma «per alcuni anni il ronzio di un aereo lontano, mi ha fatto sussultare di spavento». Il bombardamento, poi, riferisce sempre padre Tatarelli, interrompe presso Castelmassimo la “gita” di altri due religiosi dello stesso convento, padre Balzeranie padre Iannoni, che appena dopo pranzo avevano deciso di recarsi in bicicletta a Scifelli.
Il pomeriggio del 17 marzo, a Castrocielo, due soldati russi dell’organizzazione Todt, che insieme ad altri occupano una piccola casa isolata appena fuori del paese, scendono a contrada Madonna di Loreto. Sono visibilmente ubriachi ma a Marco Riccied a Domenico Antonio Delli Colli, che incontrano sulla loro strada in prossimità dell’abitazione di Marco Fantaccione, stranamente chiedono acqua. Sia Ricci che Delli Colli non se lo fanno ripetere due volte ma mentre essi si apprestano a prelevare acqua dal pozzo, i due russi cambiano idea e si dirigono alla casa di Fantaccione dove, oltre Marco, ci sono la moglie, il figlio Giustinoe le altre tre figlie.
Cosa accada di preciso, non si sa. Pare che uno dei russi si metta a sparare contro una botte provocando la fuoriuscita di vino. Ma non si sa se sia stato solo questo episodio a provocare l’ira di Marco Fantaccione che uccide uno dei due soldati mentre l’altro riesce a darsela a gambe, andando naturalmente ad avvertire i compagni dell’accaduto.
E’ già notte da tempo quando una consistente pattuglia tedesca si presenta alla casa di Marco Fantaccione: i primi ad essere fatti fuori sono Marco Ricci e Domenico Antonio Delli Colli, totalmente estranei all’episodio ma di certo riconosciuti dal russo che era riuscito a farla franca; poi è la volta di Marco Fantaccione. Antonio Delli Colli, invece, nonostante sia ferito alla spalla sinistra da una pallottola che ha fatto sponda sul muro, riesce a strappare il fucile dalle mani del soldato che ha sparato ma deve desistere da ogni ulteriore azione per l’arrivo di altri tedeschi ed è costretto a fuggir via.
Al tramonto del 18 marzo, a Piglio, in località Pompiano, viene ucciso il sottufficiale di una pattuglia tedesca che pare si aggirasse nella zona per razziare animali. Immediata è la reazione dei tedeschi che, per rappresaglia, dapprima incendiano alcune capanne, poi “fermano” ottanta cittadini, dieci dei quali dovranno essere uccisi, e, infine, emanano più energiche “regole” per il coprifuoco — valide in tutta la provincia di Frosinone — fissando l’orario dalle 18 alle 8 e dalle 12 alle 15.
Per evitare la fucilazione dei dieci cittadini condannati a morte c’è un fermo e sollecito intervento del vescovo di Anagni, mons. Attilio Adinolfi, il quale, avvalendosi della preziosa collaborazione del gesuita padreHiemer, riesce ad ottenere da Kesserlingla grazia per cinque di essi, grazia che, dice Giorgio Pacetti, «arrivò pochi istanti prima che il plotone di esecuzione si avviasse verso il luogo della fucilazione» cui fu dato corso in località Mole il 6 aprile; le vittime sono Pietro, Romolo, Alfredoe Alessandro Dell’Omoe Antonio Colavecchi.
Se il 19 marzo è San Donato Valcomino ad essere sottoposto ad un violento cannoneggiamento da parte degli alleati, il giorno dopo, verso le 11,30, nei pressi dell’abitazione di Antonio Diana, al confine tra Ripi e Boville Ernica, esplode una bomba lanciata da un ricognitore inglese. Pasquale Mignacco(23 anni), un tenente di artiglieria originario di Sant’Andrea del Garigliano che, data la situazione in cui si trovava il suo paese, sulla via del ritorno a casa era stato costretto a sostare nelle campagne di Boville, e Michele Zeppieri(30 anni), l’uno colpito da una scheggia alla gola, l’altro alla testa, muoiono all’istante. Muore anche Antonio Diana; i due figli e la nuora restano feriti.
Ma il 20 marzo, «prima di pranzo», scrive don Luigi De Benedetti, «anche Fontana Liri inferiore viene «violentemente bombardato da una formazione di aerei inglesi». Essi infieriscono soprattutto sul Polverificio: in particolare, «hanno sganciato numerose bombe sul padiglione adibito ad ospedale della Croce Rossa tedesca. Molti i danni, i feriti e i morti. Il fabbricato del Polverificio, dove tanta polvere negli anni scorsi è stata preparata, dicono che sia stato centrato in pieno e raso al suolo».
Angelo Sacchetti Sassetti riferisce di «bombe su Fumone» il 29 marzo, che provocano un paio di morti; il giorno successivo, invece, è la volta di Alatri dove si registrano, alle «ore 11 circa, quattro bombe e mitragliamento verso le Fraschette piene di tedeschi. Ore 12 circa, tre bombe: 1) sul Palazzo Molella (una scheggia nel Vicolo del Palazzo); 2) a S. Anna (casa De Somma); 3) sulla Chiesa di S. Silvestro, 6 morti e vari feriti. Danni gravi al Palazzo ed alla Chiesa».
Nel corso di una caccia all’uomo attuata intorno ad Esperia, esattamente in località Sant’Onofrio, quello stesso 29 marzo viene ucciso dai tedeschi a raffiche di mitra il sottotenente dell’ aeronautica Luigi Mancinelli (27 anni) che dopo l’8 settembre era tornato al suo paese, dandosi alla macchia. Seppellito provvisoriamente sul luogo dell’uccisione, già il giorno dopo le sue spoglie mortali vengono tumulate nel cimitero di Esperia con il permesso dei tedeschi che, pare, avrebbero anche reso ad esse l’onore delle armi (32, continua).
© Costantino Jadecola, 1994.