“Febbre da treno” / 2 PONTECORVO, LA PIU’ ATTIVA NELLA RICERCA DI UNO SBOCCO A MARE.
La variante sulla Cassino-Gaeta per Pontecorvo e Roccasecca proposta dall’ing. Siniscalchi avrebbe una lunghezza non superiore ai venticinque chilometri: tutta sviluppata in una pianura, «senza paludi [e] senza parti rocciose o franose», sarebbe caratterizzata da «lunghi rettifili raccordati con curve a grandissimi raggio» e, quanto all’altimetria, da «pendenze comprese tra assai ristretti limiti». Il costo, ritiene Siniscalchi, non dovrebbe superare le 120mila lire a chilometro, essendo solo il ponte sul Liri l’unica sua opera impegnativa, cosicché il costo dell’intera linea potrebbe aggirarsi sui tre milioni di lire.
Collegata alla Gaeta-Cassino «al piede del Colle detto La Fornace e Le Alte, presso la Masseria Franco», località equidistante sui quattro chilometri sia dall’abitato di San Giorgio a Liri che da quello di Esperia, la linea in questione volgerebbe appena dopo a sinistra per proseguire, in una «campagna pochissimo ondulata», verso Badia di Esperia (Casina Fantagone). In seguito, costeggiata la base del Monte Calvo e del Monte S. Maria, raggiungerebbe la pianura di Pontecorvo «dove va quasi parallelamente all’antica via Fantagone posta sulla sponda destra del Fiume Liri». Insomma, un tracciato sulla falsariga di quello dell’attuale strada provinciale 179 che unisce Torricelli inferiore a Pontecorvo attraverso Badia di Esperia. Quindi, superato il piccolo promontorio su cui è posto l’antico convento allora «detto dei Cappuccini», oggi dei Passionisti, la ferrovia giunge alla «Strada Provinciale Pontecorvo-Pico-Civita Farnese, all’interprovinciale Pontecorvo-Esperia, e quindi all’Ausonia per Cassino e finalmente a quella che circondando l’abitato di Pontecorvo riesce sulla Provinciale di Sora». Proprio laddove s’incontrano queste strade, ovvero «nella contrada detta Pastine di fronte all’attuale Ponte sul Liri», verrebbe costruita la stazione. Di qui, la ferrovia, sfiorando la base del monte Morrone, si avvicinerebbe al mulino Lucernari per superare il Liri appena dopo, laddove il fiume «presenta la minima Sezione trasversale» e le sue sponde, essendo assai alte, ben si prestano «per la costruzione solida ed economica del ponte». Percorsi, quindi, 500 metri in rettilineo, la ferrovia devierebbe per la campagna a sinistra del Liri accostandosi alla collina e, una volta superato il Rio Fontana di Lecce, taglierebbe con un rettilineo il «valloncello Riaina» fino a raggiungere l’altipiano a sinistra del Melfa. Quindi, traversata la Selva Cangiano, portandosi con un’ampia curva nella Selva Rotondo, si avvicinerebbe alla masseria Coggi per proseguire, «con lo stesso allineamento», fino alla stazione di Roccasecca.
Se la costa tirrenica è tra le mete più ambite, Pontecorvo è, forse, il comune che più si attiva per poter realizzare una strada ferrata. Era, infatti, il 24 giugno 1881 quando i suoi amministratori si fecero promotori di un consorzio per promuoverne la costruzione di una da ‘Formia per Pontecorvo a Roccasecca’ il cui progetto di massima era stato proposto dal Conte di Valminuta che, in sostanza, chiedeva la diretta concessione della linea oppure che «il Municipio di Pontecorvo si obblighi di retrocedere a lui quella concessione che per avventura loro fosse dato di ottenere dal Governo». La richiesta viene esaminata dal consiglio provinciale di Terra di Lavoro il successivo 15 ottobre: su proposta del consigliere Giuseppe Buonomo, che presenta in tal senso un ordine del giorno sottoscritto anche dai consiglieri Antonio Iadecola, Annibale Lucernari, Federico Grossi e Achille Spatuzzi, si decide di incaricare la Deputazione provinciale «a spiegare tutta quella forza, tutta quella influenza che la legge le accorda» purché si giunga alla costituzione del Consorzio. La Deputazione, pur considerando apprezzabile l’iniziativa del comune di Pontecorvo ed anche «la valentia dell’Ingegnere Dovara», che è il redattore del progetto, la ritiene, però, carente sia per quanto attiene «l’indicazione della spesa occorrente pel materiale mobile» che quella relativa al «progetto per l’esercizio della linea». Nella relazione a firma di Federico Grossi, di Arce, che si conclude con l’assicurazione che la Deputazione provinciale non solo non frapporrà ostacoli ma, per quanto possibile, appoggerà la sviluppo delle comunicazioni, si accenna anche ad una tranvia tra Cassino e Formia, la cui costruzione sarebbe stata addirittura imposta «al sig. d’Agiout», forse Thomas, un francese esponente di una società estera controllata dai Rothschild, che pare aspirasse alla concessione della linea ferroviaria Napoli-Foggia.
Il 20 agosto 1882, il consiglio comunale di Pontecorvo, sindaco il conte Annibale Lucernari, discute, sulla base della offerta dei signori Dovara e Sasso, a proposito della spesa per l’esecuzione del progetto di ferrovia Roccasecca-Pontecorvo-Formia. Tale spesa, che si aggira sulle 18.000 lire, «salvo la rivalsa verso il Consorzio quando sarà costituito», per il momento verrà così ripartita a carico della Provincia e dei Comuni interessati: Provincia lire 6.000; Formia 5.000, Pontecorvo 5.000, Esperia 2.000. Poiché i progettisti chiedono il pagamento avvenga in rate di lire 6.000 (anticipo, metà lavoro e dopo l’approvazione da parte del competente ministero), il consiglio comunale decide che il comune di Pontecorvo pagherà la quota ad esso spettante in tre annualità (lire 1.700 nel 1882, lire 1.700 nel 1884 e lire 1.600 nel1885) ma che, nel contempo, l’Amministrazione provinciale «anticipi la somma di lire 18.000» e, soprattutto, che «nel progetto la stazione di Pontecorvo sia stabilita a contatto di questa Città».
Intanto, nel mese di marzo del 1893, l’ing. Andrea D’Ettorre sottoscrive a Napoli un progetto relativo ad una «ferrovia ordinaria da esercitarsi nella valle del Liri e del Garigliano con linea da Roccasecca per Suio a Formia e tramwvay a vapore Cassino‑S. Giorgio a Liri». Ma perché ad un ingegnere napoletano viene un’idea del genere? Perché, ricorda lui stesso, «verso il 1884, dimorando a Pontecorvo, si vide dal sottoscritto la necessità in cui erano e sono quelle contrade di una linea ferroviaria economica perché quel locale inceppato commercio avesse un impulso tale da metterlo alla pari con quello goduto oggi da quei comuni che hanno la fortuna di disporre di una linea ferroviaria».
Il riferimento è, in particolare, sia alla ferrovia Sparanise-Gaeta, detta anche «linea degli Aurunci», che alla Velletri-Terracina, entrambe aperte nel 1892, cosicché, alla luce di tali realtà, l’ing. D’Ettorre immagina, ma forse più opportuno sarebbe dire sogna, una ferrovia la cui «linea principale» dovrebbe muovere da Cassino per raggiungere, dopo 86 chilometri e mezzo, Fondi.
Ma attraverso quale percorso? Dopo aver toccato S. Angelo in Theodice, attraverserebbe dapprima «con ponti in fabbrica due volte il Gari, affluente del Liri» e quindi questo «con apposito ponte in ferro su piloni di travertino», volgendo poi verso S. Apollinare «con direzione costante verso il sud e con pendenze non oltre il 17 per 0/00». Toccato S. Ambrogio, riprenderebbe la «primitiva direzione al sud» ‘costeggiando’ «con qualche forzata pendenza non oltre il 25 per 1000 la sponda destra del Garigliano, passando a mezza costa ed avvicinandosi a S. Andrea di Vallefredda», per poi riprendere la sponda destra del fiume e raggiungere «i bagni termo minerali di Suio» e traversare con un tunnel di circa 800 «il monte franoso di Castelluccio». Appena dopo, avrebbe voltato ad «ovest verso Castelforte e con curva ampia di km. 2.900 circa verso Minturno, tagliando l’attuale ferrovia Sparanise-Gaeta e la rotabile per Formia e rasentando, quindi, la marina di Scavori (Scauri, ovviamente)», nella cui collina penetrava con un tunnel in salita lungo quasi m. 900 che poi ridiscendeva nell’avvicinarsi sempre più al mare di Formia dove, «aggirata l’antica torre, entrava nella sua spiaggia». Sempre lambendo il mare, la ferrovia «arrivava al Borgo e, tagliando fuori il promontorio di Gaeta, città e cittadella, per la spiaggia di Serapo usciva di nuovo alla marina, che sempre fiancheggiava, correndo verso nord-ovest e con sette tunnels, scarpate, tratti a riempimenti a mare, muraglioni ed altre opere forti usciva a Sperlonga». Da qui «con vasta curva ellittica di circa km. 2 in media volgeva al nord-est» per arrivare finalmente a Fondi «prossimo alla sua ex-porta romana».
Ma Pontecorvo in tutto questo cosa c’entra? Apparentemente niente. In realtà, però, l’ing. D’Ettorre non ha dimenticato il motivo all’origine del suo progetto e per Pontecorvo ha pensato ad una «traversa» della lunghezza di 21 chilometri e mezzo che partendo in prossimità della chiesa dell’Annunziata, «nella contrada detta Pastena», e correndo verso sud, dopo aver superato la forma Quesa con un ponte in fabbrica, volgeva ad est, «girando il casino di Fantacone dov’era la stazione di Esperia». Da S. Giorgio, quindi, si dirigeva verso nord e, superato il fiume Liri «sull’attuale ponte di ferro», arrivava a Pignataro Interamna dopo di che, «appoggiando ad est con curva adatta, s’innestava a S. Angelo in Theodice con la precedente sbozzata linea principale».
Per la cronaca, il progetto di una «ferrovia ordinaria da esercitarsi nella valle del Liri e del Garigliano con linea da Roccasecca per Suio a Formia e tramwvay a vapore Cassino‑S. Giorgio a Liri» dell’ing. D’Ettorre aveva anche un’appendice: un «tramway a vapore» che, muovendo da Fondi e, tenendosi poco discosta dalla via Appia, passava sotto l’abitato di Monte S. Biagio, e sempre «rasentando essa consolare, entrava in Terracina» (2, continua).
© Costantino Jadecola, 2020.