INVOCHIAMO LA PACE

Erano tedeschi e americani, inglesi e italiani, francesi e canadesi, algerini e neo zelandesi, tunisini ed austriaci, marocchini e boemi, sud africani e lussemburghesi, australiani e bavaresi, indiani e polacchi, neri maori con gradazione, nel colore della pelle, dal caffelatte all’ebano, nippo-americani e gurkha, brasiliani e scozzesi.
Rappresentavano, probabilmente, i cinque continenti ed erano giunti, da tutto il mondo, al fatale appuntamento di sangue e di morte, chi per conquistare, chi per difendere, un palmo di terra e di fango.
Una conquista ed una difesa che si protrassero per lungo tempo, al contrario della più pessimistica delle previsioni, nei mesi peggiori — quelli dell’autunno e dell’inverno — che si abbiano da queste parti.
E il tutto accadde tra l’iniziale incredulità della gente del luogo che seppur avvezza ad importanti appuntamenti con la storia, mai più avrebbe pensato di trovarsi al centro del ciclone, né più né meno come agli antenati era già accaduto di trovarsi quando questo crocevia tra le valli del Liri e del Rapido vide il furente irrompere dei Romani e dei Sanniti, dei Cartaginesi di Annibale, dei Goti di Alarico, dei Vandali, degli Eruli, dei Longobardi di Zotone, di Teodorico, dei Saraceni. Fino a quella battaglia che, nel 1503, Francesi da una parte e Spagnoli dall’altra combatterono sulle sponde del Garigliano, non lontano da qui.
Una battaglia che, per molti aspetti, si confonde con quella di quaranta anni fa. Ma mentre quattro secoli or sono lo scontro tra Luigi XII e Consalvo di Cordova aprì l’epoca moderna nel segno della divisione e della discordia tra i popoli d’Europa, la battaglia di nazioni combattuta nel Cassinate, di cui si celebra l’anniversario al compimento di otto lustri, ci auguriamo segni la fine di quell’epoca di lotte plurisecolari tra i popoli europei e, nel contempo, l’inizio di una ritrovata e rinnovata unità tra le nazioni dell’antico continente.
Ricordare oggi, dopo quaranta anni, la battaglia di Cassino, ricordare oggi gli avvenimenti di allora significa non solo meditare sul perché ad essi si giunse ma anche spronare una reale unità non solo tra le nazioni della vecchia Europa ma tra i popoli di tutto il mondo.
Nella prefazione alle sue memorie, Winston Churchill ha scritto: «La tragedia dell’umanità raggiunge il suo acme nel fatto che dopo i sacrifici e le tribolazioni di centinaia di milioni di uomini, e dopo la vittoria della giusta causa, noi non abbiamo raggiunto né la pace né la sicurezza, e stiamo ancora lottando contro pericoli più gravi di quelli da poco superati».
Questa, allora, può essere l’occasione per la pace. Né luogo migliore può esservi da dove essa possa essere invocata.
Qui, all’ombra della casa di Benedetto da Norcia, Patrono d’Europa, dove, come forse in nessun’altra parte del mondo, la terra è stata intrisa, in un lungo stillicidio, antico quando è antica Roma, dal sangue degli uomini di tutto il mondo.
Qui, dove, la stessa ricostruzione del cenobio cassinese, seguita all’ultima inaudita distruzione, è, già di per sé, simbolo di pace.
«Parlano queste mura», disse Paolo VI. «E’ la pace che le ha fatte sorgere!»”
Da qui, allora, ricordando la guerra di quaranta anni fa, tutte le guerre, invochiamo la pace.
© Costantino Jadecola, 1984