VILLA SANTA LUCIA: SUL MONUMENTO DI VIA CASILINA

Nel percorrere la via Casilina in località Fontanelle, ovvero nel tratto immediatamente successivo il bivio per Villa Santa Lucia, direzione Cassino, poco più di un centinaio di metri dopo il chilometro 134, quasi dirimpetto all’ingresso della cartiera Reno de’ Medici, al di là del guard-rail che protegge la “corsia nord”, è ubicato un monumento, che forse non è errato definire “fantasma”, dal momento che esso, in passato, è stato per lungo tempo celato alla sguardo dalla cosiddetta vegetazione spontanea.
Ora, però, dopo che l’area circostante è stata, come dire, bonificata e beneficia di una certa attenzione, la sua presenza finisce, inevitabilmente, col sollecitare più di una curiosità, la stessa curiosità che da anni assillava chi redige questa nota il quale, però, è ora in grado di poter dire qualcosa su quell’opera a beneficio di chi non avesse ancora appagato la propria, con la speranza che ciò possa sollecitare ulteriori informazioni a riguardo da parte di chi ne fosse eventualmente in possesso.
Il monumento in questione, realizzato in pietra e sul quale sono ben visibili i segni della guerra, è in chiaro stile neoclassico ed è costituto da un possente basamento quadrato chiuso in forma parzialmente piramidale che sorregge un blocco cubico di dimensioni inferiori su ognuna delle cui facce è scolpita una croce in altorilievo. Al di sopra di esso resta la sola parte inferiore della colonna che sovrastava il tutto, ora in terra nella parte antistante il monumento, dove si legge questa iscrizione: “1.11.1936 A. XV/ TRISTE RICORDO / I GENITORI DESOLATI”.
Che a volere il monumento fosse stata la famiglia Vitto di Cassino in memoria di una congiunta deceduta in quel luogo a seguito di un incidente stradale, era cosa in parte già nota anche se era stato possibile acquisire l’informazione ma solo dopo non poche ricerche.
Poi, con la scoperta di un ricordino custodito dal signor Antonio Vano e del quale l’amico Emilio Pistilli mi ha cortesemente fornito copia, su quella vicenda sono emersi altri particolari non solo sulla giovane vittima dell’incidente — Ida Vitto, 28 anni appena — ma anche sui familiari che dovevano viaggiare con lei sulla stessa macchina coinvolta nell’incidente e sulla destinazione del viaggio che si ha motivo di ritenere fosse Cassino. Vi si legge, infatti: «rapita da tragica fulminea morte mentre sorridendo alla vita con la mamma diletta il fratello più caro i nipoti innocenti correva verso il paese nativo e la casa paterna nel dì d’Ognissanti passò dalla strada alla patria chiudendo le smarrite pupille alla tragica visione di morte per schiuderle al godimento eterno di Colui che la scelse e la volle».
Ida Vitto, che era nata il 30 giugno 1908, era figlia di Francesco e di Maria D’Ambrosio, una agiata famiglia di Cassino venuta praticamente dal nulla, tanto che i suoi esponenti erano altrimenti noti come “i travaglini”, cioè gente di origini modeste ma divenuta con il lavoro proprietaria di un patrimonio immobiliare di tutto rispetto di cui, tra l’altro, a suo tempo avrebbe fatto parte il palazzo sito nel luogo oggi antistante la chiesa di Sant’Antonio in piazza Diamare ma a quel tempo all’incrocio fra viale Dante e via Diaz[1].
Delle altre poche notizie su questa famiglia si sa, inoltre, che Francesco era stato escluso dall’inchiesta che aveva coinvolto alcuni esponenti ritenuti implicati nel vicende della Banca di Cassino presieduta dal comm. Domenico Baccari perché, come si legge in una nota del prefetto di Frosinone Francesco Vicedomini del 14 aprile 1937, «per la probità sempre addimostrata, creandosi dal nulla una certa agiatezza, quale imprenditore di opere pubbliche, per la sua scarsa cultura ed anche perché è uno dei depositanti maggiormente danneggiati e per una somma che oltrepassa le 400.000 lire, è da tutti ritenuto estraneo alle malefatte commesse da altri, nel dissesto della Banca di Cassino»[2].
Ma Francesco e Maria erano anche i genitori di Aurelio, all’epoca giovane federale provinciale del partito nazionale fascista — era nato infatti il 24 settembre 1906 — incarico che ricoprì dal 30 maggio 1934 al 31 gennaio 1940[3], forse il «fratello più caro» di Ida di cui si parla nel ricordino che, a detta di qualcuno, proprio a seguito del dolore provocato dalla perdita della sorella conseguente quell’incidente, di cui pare si ritenesse moralmente responsabile, sarebbe stato colpito da una malattia che lo avrebbe portato lentamente alla tomba. Aurelio, infatti, sarebbe morto trentacinquenne, il 3 dicembre 1941.
Sempre riguardo all’incidente in questione, c’è, inoltre, chi dice che esso sia stato provocato dallo scoppio di una gomma e chi dall’improvviso attraversamento della strada da parte di un cavallo; c’è, poi, chi afferma che le vittime sarebbero state più di una e che, comunque, si trattò di un incidente gravissimo che comportò la chiusura al traffico della via Casilina per ore.
A dare, però, un notevole contributo alla ricostruzione del tragico evento c’è stato il casuale rinvenimento della notizia relativa all’incidente stesso pubblicata dal quotidiano Stampa Sera di Torino[4] con il titolo «Grave incidente d’auto al Federale di Frosinone — La morte della di Lui sorella». Datato «Cassino, lunedì sera», questo è il testo della notizia: «Una grave disgrazia automobilistica è accaduta nei pressi della nostra città. Una macchina, pilotata dal Federale di Frosinone, dott. Aurelio Vitto, e con a bordo la madre signora Maria, la sorella Ida e due bambini, è andata a finire in un fossato lungo la strada Casilina, per cause non bene precisate.
«Nell’incidente moriva la signora Ida Vitto, mentre il Federale e la signora Maria riportavano ferite varie. Il cordoglio della città di Cassino, per la tragica fine della signora Vitto è stato unanime».
Che Aurelio Vitto si sia sentito moralmente responsabile del tragico evento, appare scontato. Nel giro di qualche anno, infatti, — si legge nel «Foglio di disposizioni» n. 56 del Segretario del PNF del 18 gennaio 1940 — chiede «di essere esonerato per ragioni di salute» e viene sostituito come Segretario della Federazione dei Fasci di Combattimento di Frosinone dal «fascista dott. Arturo Rocchi, proveniente dai G.U.F., volontario in Africa ed in Spagna, già Segretario dei G.U.F. di Frosinone»[5] .
Sia Ida che Aurelio, che fu giornalista e scrittore, sono sepolti nella cappella di famiglia nella parte più antica del cimitero di Cassino.
© Costantino Jadecola, 2011
[1] Arturo GALLOZZI- Diego MAESTRI, Cassino. Una identità urbana ritrovata. La città prima del 1944. Caramanica Editore. Marina di Minturno, 2004, p. 47.
[2] Gioacchino GIAMMARIA, Nuovi documenti per la storia delle banche e delle casse rurali in provincia di Frosinone e nella diocesi di Anagni. In Latium19/2002, pp. 109–110.
[3] (a cura di) Guglielmo QUADROTTA, Ricognizioni. Scrittori e Giornalisti della Provincia di Frosinone. Società Tipografica Arpinate. Arpino 1933. XI.
[4] 2 novembre 1936 (n. 261, pagina 3).
[5] Il cambio della Guardia in quattro Federazioni. In La Stampa del 19 gennaio 1940, numero 17.