“Febbre da treno” / 10 IL TRENINO DI FIUGGI E LA ROCCASECCA-AVEZZANO LE UNICHE REALTA’ FRA TANTI SOGNI
Al di là della Valle del Sacco, del Liri e di Comino, al tempo dalla “febbre da treno”, l’attuale territorio della provincia di Frosinone venne preso in considerazione anche per progetti ferroviari interregionali andati, ovviamente, a vuoto. Il 17 agosto 1909, in piena calura estiva, la Deputazione provinciale di Caserta decide di accordare «a un sindacato inglese il nulla osta per la costruzione della ferrovia Telese-Caianello sulla base di un progetto fatto redigere all’Amministrazione provinciale» al fine di poter avvicinare Puglia e Beneventano a Roma. In parole povere, questa ferrovia sarebbe dovuta nascere a Cassino, in corrispondenza della stazione sulla Roma-Napoli, e, transitando per Cervaro, San Vittore del Lazio e San Pietro Infine, attraversare il Colle Moresco sotto il passo dell’Annunziata lunga con una galleria di 950 metri per sbucare, quindi, in Valle Cupa dove, costeggiando le falde orientali dello stesso Colle Moresco, per Ceppagna, avrebbe raggiunto la stazione di Venafro della Caianello-Isernia. In prosieguo, il tracciato, dopo aver attraversato il Volturno, con un andamento piuttosto pianeggiante, sarebbe proseguito per Capriati al Volturno, Ciorlano, Fontegreca, Prata Sannita, Pratella, Ailano, Raviscanina, Sant’Angelo di Alife, Alife, e Piedimonte d’Alife, congiungendosi alla stazione in costruzione sulla Napoli-Piedimonte per poi raggiungere la stazione di Telese solla Napoli-Foggia attraverso S. Potito, Gioja Sannitica, Faicchio e San Salvatore Telesino per una lunghezza totale di 82 chilometri. Ovviamente si cerca in tutti i modi di evidenziare i diversi vantaggi che la Cassino-Telese avrebbe sulla Cajanello-Telese. A cominciare dalle stazioni di testa: quella, di campagna, di Caianello e quella di una «cospicua città» come Cassino.
È, invece, del finire del 1911 un «progetto per la costruzione di ferrovie di allacciamento fra le province di Caserta, Campobasso, Benevento e l’Aquila» in considerazione del fatto che «per le valli del Volturno, del Liri e del Sannio ferve oggi vita nuova e le condizioni dei luoghi ed i rapporti fra gli abitanti sono ben diversi dalla epoca nella quale furono tracciate le prime linee ferroviarie, che sono le sole che tuttora le attraversano, e che furono costruite con criteri di indole generale e politica nell’interesse della Nazione, come necessariamente allora si richiedeva». Punti focali dell’iniziativa sarebbe ancora la stazione di Cassino, per via del fatto che questa città estende la sua influenza, oltre che sulle valli del Liri e del Garigliano, fino alla provincia di Roma, quella di Castel di Sangro, che «sarà presto capolinea della Sangritana», e quella di Telese cui condurrà la Caianello-Telese «già reclamata da molti anni». In tal modo, collegando questi tre centri importanti delle province di Caserta, l’Aquila e Benevento, si avrà modo di coinvolgere anche quella di Campobasso attuando così la funzione propria delle ferrovie locali
Nel contesto del progetto della grande ferrovia Roma-Foggia, l’ing. Vito Bruschini pensa anche a come risolvere il problema ferroviario nel Lazio meridionale attraverso la realizzazione di vari tronchi tra cui uno per Zagarolo-Palestrina-San Vito ‑Olevano Romano-Roiate-Ponza di Arcinazzo-Guarcino, percorso che «s’impone per la importanza dei paesi che dovrà servire, che hanno molo traffico da sviluppare e sono mete desiderate per cure, villeggiature, ecc.». A trazione elettrica, questa linea potrebbe un giorno estendersi dai Piani di Arcinazzo e, seguendo il corso dell’Aniene, toccare Trevi nel Lazio e Filettino per far capo a Civitella Roveto sulla linea Avezano-Roccasecca, ovvero avvicinare a Roma il Fucino, il Parco Nazionale d’Abruzzo e l’Abruzzo stesso. Come pure da Guarcino potrebbe raggiungere Veroli attraverso Vico nel Lazio, Collepardo e Alatri.
Quel che non si capisce è che, antecedente al progetto Bruschini, vi è quello redatto dall’ingegnere Antonino Clementi, a proposito di una linea ferroviaria a scartamento ridotto fra Roma, Fiuggi e Frosinone. Presentato nel marzo1907 al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ed approvato con R. D. n. 946 del 20 novembre 1910 la sua concessione venne data alla Società per le Ferrovie Vicinali (SFV) anche se i lavori sarebbero iniziati nel 1913 e solo il 12 giugno 1916 sarebbe stato operativo il tronco da Roma a Genazzano, di 47,5 km. Oltre un anno dopo, il 14 luglio 1917, la linea avrebbe raggiunto Frosinone completando in tal modo l’intero tracciato da Roma con le sue diramazioni San Cesareo-Frascati, Fiuggi città-Fiuggi fonte e Vico nel Lazio-Guarcino per un totale di 137,379 km. sui quali la velocità massima consentita non poteva superare i 40 km/h.
Poi, però, a partire 1935, le precarie condizioni economiche della società portarono ad un ridimensionamento della linea con la chiusura prima della tratta Fiuggi-Frosinone; quindi, nel 1938, della Vico nel Lazio-Guarcino e via di seguito. Negli anni Sessanta con lo sviluppo della motorizzazione individuale, la costruzione dell’Autostrada del Sole e della superstrada Anagni-Fiuggi, il traffico ha iniziato una parabola calante che non si è stato in grado di contrastare con rettifiche e migliorie alla vecchia ferrovia. Biagino D’Amico (Agonia e morte del trenino Fiuggi-Roma: 27 ottobre 1983. In Fiuggi. Anno 91, n. 2 . Febbraio ‑marzo 1996) ricorda con nostalgia i bei tempi andati e scrive: «Prima del 1917, anno dell’arrivo delle ferrovie Vicinali a scartamento ridotto, per raggiungere Fiuggi da Roma occorrevano dalle otto alle dieci ore. Non meno di tre ore dalla Stazione Termini di Roma alla Stazione delle Ferrovie dello Stato di Fosinone, cinque ore in carrozzella (quando andava bene) per percorrere il tratto Frosinone stazione-Fiuggi. Talvolta erano necessari trasbordi, inevitabili le soste e le abbeverate». Quando arriva il trenino, i tempi fra Roma e la città termale si accorciano notevolmente: anche due ore e dici minuti, con i diretti. Sulla tratta fanno servizio ventotto treni al giorno: quattordici all’andata e quattordici al ritorno. L’ultimo parte da Roma alle 19,50 e arriva a Fiuggi alle 22; da qui, invece, alle 18.40. Poi, il 27 ottobre 1983, la definitiva chiusura della rete.
E arriviamo, infine, all’unica ferrovia realizzata fra le molte di cui si cominciò a parlare a metà Ottocento: l’Avezzano-Roccasecca. Era, infatti, il 1853 quando il barone Panfilo de Riseis, presidente del consiglio provinciale dell’Abruzzo Citeriore, propose il progetto di una «ferrovia abruzzese da Napoli all’Adriatico ed alla frontiera sul Tronto» attraverso la valle Roveto. L’argomento si ripropose ad unità compiuta quando nel contesto del progetto per la costruzione e l’esercizio delle strade ferrate da Napoli all’Adriatico viene prevista una linea che partendo da Ceprano, sulla Roma-Napoli, ferrovia all’epoca ormai in fase di completamento, raggiunga Pescara attraverso la valle del Liri e quella di Roveto, ovvero per Sora, Avezzano e, quindi, Sulmona e Popoli. Nel 1875, cioè ben oltre dieci anni dopo l’entrata in funzione della Roma-Ceprano-Isoletta-Napoli, viene ripescata l’idea di un collegamento tra costa adriatica e costa tirrenica. Stavolta, però, all’originaria Pescara-Ceprano viene preferita la Popoli-Avezzano-Roccasecca: con i suoi 172 chilometri essa «determinerebbe, oltre al movimento naturale per congiungere le due Costiere, quello speciale delle più ricche e popolose Province, quale gli Abruzzi e Terra di Lavoro, coi due centri Roma e Napoli». Ma, come al solito, alle parole non seguirono i fatti. Passano altri anni ancora e solo il 14 giugno 1879 la Camera dei deputati si esprime a favore della costruzione di una linea ‘di 2. Categoria’ che dovrà collegare Avezzano al tronco Ceprano-Roccasecca. Essa è, con la Terni-Rieti-Aquila, tra le linee cosiddette «di completamento della rete ferroviaria del Regno» la cui costruzione è prevista dalla legge n. 5002 del 29 luglio 1879.
I lavori avrebbero avuto inizio già l’anno dopo ma solo il 4 dicembre 1884 viene aperta al traffico la tratta Roccasecca-Arce di appena 10 chilometri: il territorio non presenta eccessive difficoltà e grossi ostacoli; del resto, l’intero percorso è costituito da quattro segmenti perfettamente rettilinei per cui i lavori possono procedere con una certa speditezza.
I ‘guai’, invece, cominciano appena dopo il ‘ponte a cavallo’ della Casilina, cioè una volta superata la stazione di Arce, allorché si rende necessario realizzare tutta una serie di opere d’arte che possono quantificarsi, sul percorso fino ad Avezzano, in una ventina di gallerie, per quasi nove chilometri complessivi, in una trentina fra ponti e viadotti e nelle innumerevoli trincee scavate nella roccia, tutte opere che sono ancor oggi testimoni della difficoltà dell’impresa attraverso territori non di rado impervi, talvolta ‘esplorati’ solo dalla ferrovia e, comunque, spesso suggestivi.
Non può, peraltro, in tale contesto non evidenziarsi, tra le opere più importanti di questa ferrovia, il percorso ad andamento elicoidale, buona parte del quale in galleria ed in pendenza costante del 20 per mille, adottato per superare gli oltre cento metri di dislivello esistenti tra la stazione di Pescocanale (quota 623) ed il sovrastante altipiano dei Campi Palentini (725 m.), un vero e proprio capolavoro dell’ingegneria ferroviaria. Ne consegue che, per forza di cose, l’apertura al traffico avvenga ‘a scaglioni’: dopo quella, già ricordata, della Roccasecca-Arce, mercoledì primo luglio 1891 è la volta della Arce-Sora (20 km): per realizzare i 30 chilometri che separano le due località ci sono voluti oltre 10 anni. Per completare il progetto della ferrovia passano altri anni. Se il 10 ottobre 1895 è la volta della tratta Sora-Balsorano (13 km), solo il 20 agosto 1902, con il completamento della linea fra Balsorano ed Avezzano (36 km), la Roccasecca-Avezzano — 79,445 km esatti fra stazione e stazione e tutta a binario unico — potrà dirsi finalmente ultimata e, dunque, in grado di poter ‘ospitare’ il primo convoglio che pare abbia impiegato ben più di tre ore per spostarsi tra le due stazioni di testa, tempo che negli anni si è di molto ridotto, cosa che non ha evitato che la linea fosse più volte sul punto di essere soppressa, la prima volta quando si era ancora nella fase della ricostruzione postbellica.Poi, però, l’adozione di tecniche innovative per la gestione della linea hanno consentito una notevole riduzione delle spese di esercizio allontanando la minaccia di una chiusura, comunque di tanto in tanto incombente (10, fine).
© Costantino Jadecola, 2020