“Febbre da treno” / 8 ALATRI, GUARCINO ED ISOLA DEL LIRI TRA LE REALTA’ INDUSTRIALI METE DI ROTAIE
Era il 1882 quando l’ing. Alfredo Cottrau propose “un raccorciamento dell’attuale linea Napoli-Roma” attraverso quattro varianti sulle tratte Napoli-Sparanise, Rocca d’Evandro-Aquino, Ceccano-Ferentino e Segni-Roma grazie alle quali la distanza “ferroviaria” fra Roma e Napoli, allora di 260,8 km., si sarebbe ridotta di circa 37 km., passando, dunque, a 223,6 km., dei quali 121,2 km. appartenenti alla linea esistente e 102,3 km. del tutto nuovi, ovvero una ventina di chilometri in più di quella costruita per i treni ad alta velocità (204,6 km.) Nei fatti, però, a parte qualcuna di modesta entità, l’unica delle varianti realizzate sarà quella fra Roma e Segni grazie alla quale, evitando il giro per Velletri, si ridurrà la distanza fra Roma e Napoli. Giudicata dall’Illustrazione Italiana come «un’altra ferrovia che giova alla capitale», avrebbe ridotto il percorso tra le due città di circa dodici chilometri.
Tra gli altri, il paventato intervento tra Ceccano e Ferentino crea in zona più di qualche preoccupazione dal momento che la curva esistente tra le due stazioni, della lunghezza di circa 7 chilometri, verrebbe sostituita da una linea retta che, di conseguenza, escluderebbe la stazione di Frosinone che, però, dalla sede occupata, che è poi quella ancor oggi utilizzata, dovrebbe essere spostata in località Tomacella. E, allora, dice qualcuno, perché non realizzare un raccordo ferroviario tra la Tomacella e l’Osteria De Matthaeis? Così facendo, Frosinone avrebbe la sua stazione all’interno della città «alla distanza di soli 700 metri, mentre oggi l’attuale stazione dista chilometri 4». Non solo. Ma prolungando il percorso del raccordo, dall’Osteria De Matthaeis, «tagliando la Casilina e percorrendo altri 5 chilometri con una pura insensibile curva tra i chilometri 9 e 10» questo potrebbe concludersi all’Osteria di Alatri, e «quivi all’imbocco della via di Veroli può sorgere la stazione per l’una e l’altra città venendo così Alatri a trovarsi distante dalla ferrovia meno di 4 chilometri, Veroli meno che 5, mentre oggi distano la prima chilometri 12, la seconda chilometri 11. E la importante industriale Guarcino viene pure ad avvicinarsi alla ferrovia di ben 8 chilometri e ad affrettare così quel giorno in cui la vaporiera deve fischiare alle porte delle sue rinomate cartiere le quali per la bontà dei prodotto non temono concorrenza, e sfidano le crisi commerciali».
Un’idea del genere l’aveva avuto, tempo prima, anche il cav. Alfredo Toschi Vespasiani che vedeva nel treno una opportunità di riscatto per alcune realtà dell’entroterra: «La industre Alatri per veder di fruire dei vantaggi immensi portati dalla legge 29 luglio 1879 non si fermò a porre la sua attenzione sopra i rocciosi monti che la chiudono appunto per quella parte ove ha di necessità assoluta uno sbocco: oggi i monti non sono di ostacolo alla vaporiera; cadono sotto i colpi della mano dell’uomo, e si passa sotterra quasi colla velocità del pensiero». Insomma, Alatri «non si fermò a pesare le proprie forze» ma «pensò all’avvenire. Ai vantaggi dell’opera, e stretta la mano alla consorella Guarcino, centro manifatturiero importante e non abbastanza conosciuto, vide e si convinse che qualche cosa poteva pur farsi, e fece».
Ma cosa, per l’esattezza? Naturalmente una ferrovia. Una ferrovia che verrebbe ad allacciarsi alla Sora-Isola del Liri-Frosinone a Castel Massino di Veroli, presso la tenuta del Marchese Campanari, luogo deputato ad ospitare anche la stazione capolinea della costruenda ferrovia che da qui punterebbe prima su Alatri, dove la stazione verrebbe ubicata «presso la Donna», e poi su Pitocco, dove la stazione sarebbe di riferimento sia per quelli di Vico nel Lazio che per quelli di Collepardo.
A questo punto, «le importanti manifatture di Guarcino (…) esigono che la linea si prolunghi di qualche chilometro, cioè di due chilometri circa, per impiantarsi la stazione poco lungi dal Ponte detto della Castagnola» da dove «non resterebbe che praticare una galleria sotto ai Monti detti di Trevigliano per far capo sulla Prenestina Nuova, e quindi sopra essa spingere la vaporiera a Genazzano e Palestrina».
Se, però, si volesse economizzare, in questo caso, allora, la stazione di Guarcino dovrebbe esser posta nel luogo detto Madonna di Loreto «da dove costeggiando i Monti stessi di Trevigliano (…) e col percorso maggiore di poco più di un chilometro la linea può prendere a percorrere la Prenestina».
Semmai, però, tale idea fosse per vari motivi destinata a restare tale, potrebbe allora prendersi in considerazione quella, decisamente più economica, di una «tramvia a vapore». Essa dovrebbe allacciarsi, scrive Toschi Vespasiani, «alla stazione di Frosinone presso l’Osteria De-Matteis nella linea Sora-Isola-Frosinone. Percorrendo la strada provinciale sublacense perché pianeggiante, larga e in tale posizione da potersi pure agevolmente e con poca spesa ampliare, potrebbe il tramvia avere una fermata presso la Magione per comodo sopra tutto della Città di Veroli; quindi la stazione ad Alatri presso la Donna, altra stazione a Pitocco per utile speciale di Vico e dei Comuni che trovansi lungo la strada Prenestina Nuova, ed un ultima stazione a Guarcino presso il Ponte detto della Castagnola, e cioè tra questa e la località denominata Madonna di Loreto».
Intanto, nel 1883, a Frosinone si era cominciato a parlare di una ferrovia per Isola del Liri nel corso di una importante riunione presieduta del senatore marchese Berardi alla quale erano presenti rappresentanti di diversi comuni dei due circondari di Frosinone e di Sora finalizzata alla sollecita costituzione di un Consorzio incaricato di provvedere alla «costruzione di una ferrovia economica, a sezione ordinaria» che collegasse appunto Frosinone ad Isola del Liri secondo un progetto cui aveva lavorato l’ing. Luigi Trevellini.
Grosso modo essa seguiva il tracciato della strada provinciale esistente tra le due località, la via Mària, e la sua funzione era destinata specialmente al trasporto delle merci e dei prodotti importati ed esportati dagli stabilimenti industriali: «basterà considerare che nei comuni di Isola e Sora esistono oltre 40 stabilimenti che producono carta, cartoni, carta da parati, paste di legno, lane meccaniche e pettinate, tessuti, ecc. Vi sono ferriere, fonderie ed è sempre disponibile un’enorme quantità di forza motrice che potrebbe essere benissimo utilizzata coll’impianto di nuovi stabilimenti.
«Il guadagno maggiore della costruzione della nuova linea lo risentiranno gli industriali, i quali annualmente, se devono spedire una tonnellata di merce ad Isola o Sora ad una delle stazioni vicine della linea Roma-Napoli sono costretti a pagare non meno di L. 6,50. Questo prezzo colla nuova ferrovia potrebbe essere ridotto a meno di un terzo, senza calcolare il vantaggio che una cartiera, p. es., potrà ottenere caricando un vagone completo di carta nel proprio stabilimento e spedirlo direttamente a Roma, Firenze, Milano o Napoli senza altri fastidi, sicuro da qualunque avaria e da qualsiasi perdita».
Oltre i Comuni, al progetto sono naturalmente interessati anche gli industriali che si riuniscono proprio ad Isola del Liri sotto la presidenza del Comm. Courrier il 4 luglio 1883. «La Commissione speciale», si legge in una nota, «per mezzo di una splendida relazione dell’egregio Avvocato Enrico Zincone, rappresentante il conte di Balsorano, espose i suoi criteri sulla forma e sull’entità del concorso da concedersi all’Impresa che costruirà la strada e questi criterii si trovano esposti in un ordine del giorno che venne approvato all’unanimità e che tra poco sarà tradotto in una legale obbligazione». «Se il ceto industriale non mette in dubbio l’utilità che potrà derivagli dall’esecuzione del disegno che conosciamo», dirà, tra l’altro l’avv. Zincone, «sa però anche che soltanto la produzione delle manifatture isolane è ciò che assicura l’esercizio della futura ferrovia» (8, continua).
© Costantino Jadecola, 2020.