“Febbre da treno” / 7 LA VALLE DI COMINO NEI PROGETTI DI FERROVIE LOCALI ED INTERREGIONALI
Una decina di anni dopo il tentativo andato a vuoto, Alfonso Visocchi ci riprova. Affascinato dal successo che incominciano ad avere le ferrovie a trazione elettrica si rivolge ad uno dei più esperti del settore, l’ing. Carlo Ciappa, incaricandolo di redigere uno specifico progetto sulla falsariga del precedente ma che sia più diretto e che abbia come terminale non più Isola del Liri ma Sora. Premesso che questa ferrovia era «già da tempo desideratissima dagli abitanti delle contrade poste nelle ubertose ed industriali vallate del Rapido, della Melfa e del Liri», ricorda Ciappa nella sua relazione, tuttavia «ha presentato sempre il grave inconveniente di doversi sviluppare in terreno assai accidentato, che ne fa una vera ferrovia di montagna, e quindi costosissima di costruzione ed esercizio». Ora, però, con «i recenti progressi dell’elettrotecnica, e la sua stessa applicazione alla trazione tramviaria e ferroviaria» è «possibile lo sviluppo di un tracciato senza regressi e più breve, potendosi agevolmente superare pendenze e curve non compatibili con la trazione a vapore». Alla luce di ciò, e tenendo presenti i precedenti progetti per la medesima linea , cioè quelli di D’Amico del 1883 e di Trevellini di due anni dopo, Ciappa propone il suo tracciato che pur «servendo il maggior numero di comuni e località» è, comunque, il più breve.
La partenza da Cassino avverrebbe presso la caserma Sant’Antonio, odierna zona Palazzo abbaziale/Chiesa madre, per raggiungere Sant’Elia Fiumerapido e quindi, dopo un’ampia curvatura a sinistra, iniziare «l’ascesa seguendo le falde dei monticelli Pietrosi» in parallelo, sulla destra, della provinciale fino alla cosiddetta Taverna di Belmonte però «passando prima in galleria per una lunghezza di 450 metri per poter superare senza fortissima pendenza il dislivello esistente fra il punto denominato Cretone e la suddetta Taverna» dove verrebbe ubicata qui la fermata che sarebbe di comodo sia a quelli di Belmonte che di Terelle.
Sempre proseguendo sulla destra dell’antica provinciale di San Germano si raggiungerebbe la sella di Capo di China, da evitare e superare con una galleria di 1.600 metri di lunghezza, dopo di che, seguendo «l’andamento dell’antica via provinciale che mena ad Atina», il cui centro abitato il tracciato raggiungerebbe per sottopassarlo con una galleria di 250 metri di lunghezza al termine della quale verrebbe costruita la stazione.
«Da questo punto il tracciato volge verso il così detto Colle che contorna» per scendere poi nella vallata del Melfa dove, una volta attraversato il fiume e superato l’incrocio con le strade interprovinciali Opi-San Donato e Isernia-Atina-Roccasecca la presenza di una stazione tornerebbe comoda sia «agli importanti opifici dei fratelli Visocchi» sia ai diversi paesi circostanti. A questo punto la ferrovia potrebbe proseguire direttamente per Sora ma, per non escludere un centro importante come Alvito, Ciappa propone un avvicinamento sia a questa località che a Vicalvi grazie ad un andamento curvilineo e, naturalmente, una comune stazione. Appena dopo, altre due fermate, a beneficio una di Fontechiari e di Posta Fibreno e l’altra di Brocco(stella), Pescosolido e Campoli Appennino, verrebbero realizzate prima che il tracciato che questo vada a raccordarsi con la Sora-Roccasecca.
Se il progetto Ciappa ottiene già nell’ aprile del 1900 il parere favorevole dal comune di Atina, stenta invece ad averlo da parte degli altri comuni tant’è che un anno dopo, quello di Alvito non ha ancora deciso il da farsi, cosa, questa, che provoca le giuste rimostranze di Alfonso Visocchi manifestate in una lettera indirizzata al suo sindaco. Ma non è l’unico comune a porsi di traverso: con Alvito, infatti, lo contestano anche Settefrati e San Donato V/C. A novembre del 1901, peraaltro, ottiene l’approvazione da parte dell’amministrazione provinciale di Terra di Lavoro che delibera, tra l’altro, a suo favore un sussidio annuale, per 35 anni, di 500 lire a chilometro, ma solo dopo aver accolto una mozione del consigliere Vincenzo Mazzenga di Alvito e sottoscritta anche dai sindaci di San Donato e di Settefrati con la quale in sostanza si pretendeva che la ferrovia, scrive Lorenzo Arnone Sipari (Èlites locali di Terra di Lavoro in età liberale: l’opera di Vincenzo Mazzenga. In Annale di storia regionale. Cassino, 2006), «si avvicinasse quanto più possibile ai comuni che era destinata a servire» dal momento che il progetto Ciappa escludeva dal tracciato, con la sola eccezione del Comune di Atina, « i centri più ricchi e popolati della Val di Comino». Nel senso che, fanno notare gli interessati in un documento inviato al ministero dei Lavori Pubblici, «se una direttissima non hanno Napoli-Roma e Bologna-Firenze, è incomprensibile che si costruisca tra Cassino e Sora, tagliando fuori importanti centri per guadagnare quattro chilometri di percorso».
La revisione del progetto, affidata all’ing. Giovanni Bagna, è pronta nel 1904. Ma perché ottenga le necessarie approvazioni passano una decina di anni. Che sono poi gli anni in cui incombe la Prima guerra mondiale. Ma non è solo questa a far riporre il progetto in un cassetto: il 16 marzo 1914, la neonata Società Anonima «Sacsa», che sta per Sora, Atina, Cassino, San Donato, Alvito, ed i cui esponenti di spicco sono il cav. Vincenzo Mazzenga, l’ing. Alfredo Visocchi e l’avv. Pietro Martini, inizia i suoi collegamenti tra Cassino e Sora.
Alle undici di quel giorno, infatti, dalla stazione ferroviaria di Cassino due vetture costruite dalla Casa Sauer (Svizzera), capaci di contenere comodamente 15 persone, partono alla volta di Atina. Rispetto a prima è tutta un’altra cosa, come non manca di far notare Pietro Vassalli: «Finalmente non saremo più costretti a viaggiare in pesanti e guasti carrozzoni, tirati su a stento per l’erta via dai celebri ronzini di Sprecacenere, e nei quali per lunghe ore più intenso si soffriva il freddo e più ardente la canicola ci opprimeva: e specialmente tu, passeggiero, che torni dalla lontana America, sentirai meno penose le ore del viaggio e più presto giungerai al focolare domestico a riabbracciare i cari figliuoli».
Ma la storia della ferrovia in Valle di Comino non può dirsi di certo conclusa. Se tra il 1913 e il 1914 su richiesta di Erminio Sipari, deputato eletto nel collegio di Pescina, e per conto della Ferrovie Adriatico Appennino (FAA) Ernesto Besenzanica si fece interprete di un progetto che, innestandosi sulla “Sangritana” (Sulmona-Isernia), e sulla Roma-Fiuggi-Frosinone, collegasse Castel di Sangro a Genazzano (Castel di Sangro-Opi- San Donato Val Comino-Sora-Frosinone-Anagni-Genazzano), con diramazione per Veroli, anni dopo — era il 1928 — qualcuno pensò ad una ferrovia che, partendo da Roma, approdasse dalle parti di Villa Latina. Ma perché? Perché, si legge nell’introduzione al relativo progetto, «le vie di comunicazione tra Roma e i suo dintorni, col crescere dell’Urbe sono diventate insufficienti al bisogno e si è resa ormai manifesta la necessità di un rinnovamento che permetta il rapido ed intenso ritmo di comunicazioni fra il centro metropolitano ed i minori centri» a partire dai Castelli romani per finire alle zone prossime a Subiaco, Fiuggi, Frosinone e Sora. Tale rete, nota come “Rete Sublacense”, avrebbe come stazione di partenza quella delle Ferrovie dello Stato di Zagarolo per toccare quindi Palestrina, Cave, Genazzano, Capranica Prenestina, San Vito Romano, Bellegra, Olevano Romano, Serrone, Piglio, Acuto, Fuggi, Trivigliano, Torre Cajetani, Guarcino, Vico nel Lazio, Altri, Collepardo, Veroli e Frosinone. Al bivio Amici, in territorio di Veroli, avrebbe origine la linea che per Casamari, Castelliri, Isola del Liri, da dove, per raggiungere Sora, fruirebbe di 3.750 metri della Avezzano-Roccasecca, e quindi Fontechiari, Posta Fibreno, Vicalvi, Alvito, Atina e raggiungere, dopo 41 chilometri, per concludersi, Villa Latina.
Oltre all’interesse locale derivante dal fatto di poter allacciare la ricca regione sorana al nuovo capoluogo di provincia — Frosinone è stata elevata a tale dignità poco più di un anno prima — questa linea «può adombrare un altro interesse nazionale, se si consideri come un tronco di quella già molto discussa direttissima Roma-Foggia-Bari, che in un avvenire non lontano si renderà indispensabile per valorizzare i grandi lavori in corso del Porto di Bari, destinato a diventare un emporio del commercio italiano in Oriente».
Di una ferrovia del genere, altrimenti nota come ‘progetto Bruschini’, se ne parlava almeno dal 1920 per incominciare a concretizzarsi, come progetto, solo alcuni anni dopo secondo questo tracciato: partenza ovviamente da Roma dove, al km. 6 della direttissima Roma-Napoli, presso porta Furba, il percorso si indirizzerebbe verso Zagarolo per sboccare, dopo una galleria di circa 8 chilometri, alla stazione di Valmontone ed avviarsi, attraverso la Valle del Sacco, del Cosa, dell’Amaseno e del Liri, verso Anagni, Ferentino, Veroli, Casamari, Isola del Liri e Sora «facendo una stazione unica per queste due città che sono destinate a congiungersi per il loro rapido sviluppo industriale e commerciale, innestata sulla linea Avezzano-Roccasecca, alla quale apporterà grande ausilio».
La ferrovia, quindi, proseguirebbe attraversando il Fibreno e il Melfa «per Fontechiari e per Atina e Picinisco prospettando gli incantevoli panorami della corona di monti di Atina , di San Biagio Saracinesco, del La Meta e del Parco Nazionale d’Abruzzo» per poi entrare in galleria sotto la Catenella delle Mainarde ed uscirne, dopo circa 17 km., non lontano da Scapoli, sul Volturno, che attraverserebbe presso Colli al Volturno per poi incanalarsi nel torrente Vandra fino all’omonimo ‘ponte’, ove verrebbe ubicata la stazione di Forlì del Sannio. Quindi, lo sbocco nella splendida conca di Miranda, Pesche e d’Isernia «per innestarsi alla linea Cassino-Pescara (???)». E, infine, attraverso Isernia, Campobasso e Lucera, la conclusione a Foggia dopo aver percorso «293 km reali e 309 virtuali, a differenza del percorso attuale per la via di Benevento che è di 380 km reali e virtuali 510».
Tra i principali obiettivi che questa ferrovia si propone c’è quello di mettere «in rapida comunicazione» le popolazioni comprese tra Roma e il Lazio meridionale, la Terra di Lavoro, l’Abruzzo e il Molise, le Puglie e la Basilicata oggi servite «da ferrovie di difficilissimo e frastagliato esercizio« nonché «offrire l’istradamento più breve e più rapido attraverso Londra, Parigi e l’Oriente» senza considerare poi che la costruzione di questa direttissima Roma-Foggia «porterà con sé, oltre allo sviluppo di molte industrie (…) la costruzione pronta e numerosa di strade ordinarie da parte delle Province e dei Comuni per collegare i centri principali alla grande ferrovia» (7, continua).
© Costantino Jadecola, 2020,