“Febbre da treno” / 3 UNA GRANDE STAZIONE A ROCCASECCA SNODO DI TRE FERROVIE
Per quel suo progetto di ferrovia, «messo in istampa e pubblicato in Napoli per i tipi dì Michele Gambella in via Bellini nello scorso Marzo 1891», l’ing. D’Ettorre, con apposita domanda avanzata il 1 maggio al Prefetto di Napoli, chiese la privativa delle linee progettate. Poi, però, anche alla luce di un ipotizzato collegamento tra la Sparanise-Gaeta e la Terracina-Velletri, ebbe un ripensamento. Ma non fu l’unico motivo. «Tante forti ragioni», scrive, infatti, D’Ettorre, «mettendo a rischio la concessionegovernativa, indussero lo scribente a variare cosi sensibilmente una delle basi dello già ultimato progetto», preferendo a questa linea, «eminentemente industriale e quindi relativa alla soddisfazione dei soli bisogni di quelle tre pianure e valle del Liri, del Garigliano e di Fondi, per cui l’attacco a Cassino e lo scartamento ridotto», un’altra con «lo scartamento ordinario e l’attacco a Roccasecca (…) per evitare l’inconveniente del trasbordo delle merci (…) dai treni della linea principale Napoli-Roma e della traversa Sora-Roccasecca sulla ridotta o viceversa». In tal modo, «avendo la nuova linea ferroviaria lo stesso scartamento di quelle dello Stato, è quistione solo di passare i relativi vagoni da una linea all’altra senza toccare la posizione data alle stesse[merci]».
Per questi motivi ma anche perché nell’Italia centrale la comunicazione «che dall’Adriatico si estende oltre gli Appennini verso il mezzogiorno (…) è costituita dai tre Abruzzi, con la Provincia di Terra di Lavoro al Tirreno per Formia, sicché le merci di essi Abruzzi e marina dell’Adriatico per l’attuale linea Pescara-Chieti-Avezzano-Sora-Arce-Roccasecca affluirebbero su quella, che ora, variante della ridotta Cassino-Sujo-Formia-Borgo ecc. diventa la futura del nuovo progetto dell’ordinaria economica Roccasecca-Sujo-Formia». Secondo i calcoli del progettista, questa linea, «movente in media una popolazione reale e non virtuale di circa 60.000 abitanti e un totale per i soli comuni e frazioni direttamente serviti dalla presente linea di tonnellate annue 432.602 giusta titoli ufficiali sopra una lunghezza di Km. 70, è sufficiente non solo a covrirne le spese tutte, ma anche a costituirlo rimuneratore e di più dei capitali impiegati da diventare poi lusinghiero tal prodotto se vi si aggiungono quei marittimi e ferroviarii, che dovrà annualmente trasportare da Roccasecca provenienti dalle linee dello Stato, con le quali essa sarà in questa stazione congiunta».
Ma come si svilupperà il percorso? «Dalla futura stazione di Roccasecca di 1a classe nello spiazzo tra la esistente e la suddetta a farsi con scambii necessarii per l’innesto della nuova linea con le attuali Napoli-Roma e Roccasecca-Sora esce essa linea in curva per dirigersi verso il sud, tagliando la così detta selva Rotonda, transitata la quale, volgesi per circa m. 700 distante dal Liri con altra curva verso sud-est per avvicinarsi sempre più al detto fiume, onde transitarlo presso il P. Cupo, dopo circa Km. 7 e mezzo mercé ponte in ferro su pilastri e piloni di travertino; e, poi, continuando flessuosamente la sua corsa nella stessa direzione, scendere a Pontecorvo presso la Chiesa dell’Annunziata dove, prossima alla consolare di Pico, sarà la stazione sud(…)». A seguire, praticamente lo stesso percorso già indicato a proposito della «traversa» di Pontecorvo: colle dei Cappuccini, forma Quesa, casino di Frantacone in località Badia, con la stazione di Esperia, San Giorgio a Liri e poi, continuando verso est e, una volta aggirate le falde del monte Cantalupo, entrare nella Valle dei Santi e, dopo aver costeggiato il Garigliano, Sujo, Scauri, raggiungere, dopo circa 70 km., Formia.
Così facendo, però, chi resterebbe esclusa sarebbe Cassino con i centri ad essa più prossimi. Neanche per sogno, precisa D’Ettorre: una linea di tramway a vapore che a Cassino avrebbe la propria stazione «presso il palazzo di de Rosa all’ingresso all’abitato», e, transitando poi per S. Angelo in Theodice e Pignataro, si innesterebbe nell’altra ferrovia presso la stazione di S. Giorgio a Liri.
Che fine abbia fatto l’encomiabile tentativo dell’ing. Andrea D’Ettorre di vedere attuato il suo progetto destinato al «maggior utile ed immegliamento di quelle tuttora abbandonate contrade» non è dato sapere. Sull’iniziativa dell’ing. D’Ettorre c’è, tuttavia, un seguito in una lettera che il 14 settembre 1891 ‘Exploitation et Ventes de Miner Metallurgiques de Sicile’, cui lo stesso D’Ettorre si è rivolto per il sostegno finanziario, indirizza al comm. Giovanni Giura, prefetto di Caserta, per sollecitare un suo interessamento presso alcuni dei comuni interessati dalla costruenda ferrovia (Cassino, Pignataro Interamna, Esperia, San Giorgio a Liri, Sant’Ambrogio, Sant’Andrea, Castelforte, SS. Cosma e Damiano, Gaeta e Pontecorvo) perché evadano la richiesta circa talune informazioni necessarie a ‘definire la parte finanziaria’ dell’operazione. In una successiva lettera di alcuni giorni dopo (26 settembre) indirizzata sempre al prefetto di Caserta, la stessa società scrive che, essendo venuta a conoscenza che la stessa Provincia «fece eseguire un progetto d’un tronco di ferrovia di 4.a categoria, dall’ing. Bottazzi, percorrendo Roccasecca-Ausonia-Gaeta, approvato sin’anco dal Consiglio Superiore dei LL.PP.», chiede una copia del progetto stesso da sottoporre «ai ns. interessati di Londra».
Era accaduto, infatti, che nel 1886 l’Amministrazione provinciale di Caserta, avesse incaricato l’ing. Eduardo Bottazzi di redigere, per suo conto, il progetto di una ferrovia che, partendo dalla stazione di Roccasecca, raggiungesse Formia attraverso Pontecorvo, Esperia, Ausonia, Castelforte e Scauri.
Lo apprendiamo da un lettera che in data 18 dicembre 1906 l’ing. Enrico Coppola, direttore della ferrovia Napoli-Nola-Bajano, esercitata dalla belga ‘Societè General des Chemins de Fer Secondaires’, scrive all’amministrazione provinciale di Caserta per chiedere di essere autorizzata a chiedere al governo la concessione per la realizzazione della ferrovia in questione.
A seguito di «opportune orali informazioni fornite», circa un mese dopo, il 17 gennaio 1907, «a chiarimento e spiegazione della precedente domanda», lo stesso Coppola scrive alla Deputazione provinciale che egli, «in rappresentanza di un gruppo di finanzieri, è autorizzato a presentare al R. Governo, nelle forme prescritte dalle vigenti leggi, la domanda di concessione, se codesta Spett. Amministrazione lo autorizza a servirsi per tale domanda del progetto Bottazzi, a cui dovranno apportarsi quelle piccole modificazioni e quei miglioramenti che le attuali leggi consentono e prescrivono, e se la Provincia consentirà a lui pei suoi rappresentanti, la sovvenzione di lire 500 a chilometro, a condizione che egli ottemperi» alle previste prescrizioni (La ferrovia Roccasecca-Pontecorvo-Formia innanzi al Consiglio Provinciale di Terra di Lavoro. Tipografia Cimmaruta. Napoli. 1901).
Il consiglio provinciale di Caserta è dunque chiamato a deliberare su questa concessione anche alla luce del fatto che esso «fin dal 1882, intravide la necessità ed importanza della linea Roccasecca-Pontecorvo-Formia; necessità ed importanza che dopo un quarto di secolo sono venute aumentando con progressione geometrica. La Provincia oltre a far voti al Governo per la costruzione di tale linea, ebbe a deliberare la redazione del relativo progetto, che fu effettivamente redatto dall’ Ing. Eduardo Bottazzi, avendo la Provincia stessa sopportato per tale progetto la spesa di parecchie migliaia di lire. Questo progetto fu approvato completamente dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, e nonostante le continuate vive insistenze così del Consiglio Provinciale come dei rappresentanti politici, il progetto stesso restò inseguito sinora, per le condizioni generali di depressione economica del paese. Però essendosi dipoi costruita la linea Gaeta-Formia-Sparanise, ed essendosi finalmente il Parlamento deciso alla costruzione della Direttissima Napoli-Formia-Roma, surse vivo il desiderio divedere attuata la linea Roccasecca-Pontecorvo-Formia che acquistava maggiore importanza pel fatto, che sarebbe stata, fra l’altro, la congiungente mediana delle due grandi linee ferroviarie fra Napoli e Roma».
Si parla ancora di una ferrovia da Roccasecca a Formia in un documento del 3 luglio 1891 con il quale il Ministro segretario di Stato ‘pei Lavori pubblici’ autorizza i signori Enrico Radice e Luigi Begani, che ne hanno fatto richiesta, ad «eseguire gli studi e le operazioni geodetiche necessarie alla compilazione del progetto di una ferrovia fra le due località’ previa rilascio da parte della prefettura di Caserta dell’autorizzazione a ‘fare introdurre i propri agenti nelle proprietà pubbliche e private’».
Il 13 settembre 1901, il ministero dei Lavori Pubblici, ispettorato generale delle strade ferrate, a proposito della proposta della Deputazione provinciale di Caserta di collegare Roccasecca sia a Formia che a Terni, dice che non è nelle facoltà del Governo provvedere alla costruzione di nuove ferrovie, iniziativa alla quale dovrebbero invece provvedere gli enti interessati. Che la Deputazione provinciale si attivi in tal senso è confermato dalla costituzione di un comitato incaricato di compiere gli studi «tecnici economici della ferrovia Roccasecca-Formia» composto dal presidente della Deputazione stessa, dagli onorevoli Grossi e Lucernari, dai “deputati” provinciali Paone e Rubino e dai sindaci di Gaeta, Elena, Formia, Roccasecca, Pontecorvo, Esperia ed Ausonia. Lo si apprende da un atto della giunta comunale di Formia che il 28 gennaio 1903 delibera la concessione della quota di pertinenza di quel comune, lire 357,50, richiesta dal comitato stesso «per gli studi tecnici», riservandosi di erogarla a «bilancio approvato». Pontecorvo, che deve la medesima quota, si riserva, invece, di pagarla in due rate, ma l’anno dopo, nel 1904. Esperia, che deve 238,35 lire, pagherà 117,17 lire nel 1904 e 119,18 nel 1905. Roccasecca, la cui quota è di lire 178,75, si riserva di trattare l’argomento nella prima riunione del consiglio comunale mentre Ausonia, infine (lire 89,60) rimborserà la «somma nel corso dell’andante anno». La Deputazione provinciale, dal canto suo, dopo aver avuto assicurazione dall’ing. Brancaccio, autore della relazione a complemento del progetto, di limitare il compenso «alla più stretta misura possibile», al di là delle spese effettive, decide di pagare al suddetto tecnico la somma di lire 1191,75, quale metà del compenso e spese per la relazione, pregandolo «di attendere ancora un po’ di tempo» per la liquidazione dell’altra metà, da ricevere dai comuni interessati i quali, nel contempo, vengono invitati a versare il prima possibile quanto dovuto (3, continua).
© Costantino Jadecola, 2020.