Una stazione per Piedimonte San Germano

Era il 5 settembre 1889 quando il Sindaco di Piedimonte «Sangermano», (forse) Giuseppe Di Monaco, pregò il Prefetto di Caserta, provincia — la mitica Terra di Lavoro — dalla quale all’epoca Piedimonte dipendeva, di volersi cortesemente interessare presso il competente Ministero, per «ottenere una stazione ferroviaria» sulla Roma-Napoli, desiderio condiviso con Terelle e Villa Santa Lucia ed ufficializzato da una delibera dei rispettivi consigli comunali i.
Con successiva nota del 15 maggio 1890, il Sindaco del tempo, comm. Luigi Aceto[1], precisa al sottoprefetto di Sora, che la richiesta stazione dovrebbe essere ubicata al «chilometro 141,378» della linea in questione quale «punto intermedio tra Cassino e Aquino» cosicché essa «riuscirebbe di massima utilità anche ai Comuni di Villa e Terelle ed ai comuni così detti di marina che per la costruzione della strada consortile Piedimonte-San Giorgio in poco tempo e comodamente potrebbero prendere il treno qui anziché a Cassino ove distano un’ora e più di cammino».
Evidentemente la richiesta compie il suo corso se il 27 giugno 1890 il Regio Ispettorato Centrale delle Strada Ferrate si esprime in merito scrivendo alla Prefettura della Provincia di Terra di Lavoro che, «impiantandosi una nuova stazione al km. 141, ne conseguirebbe che i Comuni di Piedimonte e di S. Lucia verrebbero ad essere distanti da questa km 3 e quello di Terelle km. 9 con una strada di comunicazione in cattivo stato ed assai disastrosa imperocché non potrebbe valersi della strada comunale che attualmente l’allaccia a Cassino giacendo questa nel versante opposto e precisamente ove sviluppasi la ferrovia. Del benefizio quindi di una nuova stazione godrebbero soltanto i due primi citati Comuni della complessiva popolazione di 4.200 abitanti nella massima parte agricoltori.
«Considerato inoltre che i prodotti di quelle popolazioni sono esclusivamente agricoli e si limitano ai cereali e alle patate ed in una quantità poco considerevole e tale da non costituire un trasporto remunerativo e ritenuta anche che assai scarso sarebbe il concorso dei passeggeri perché quella popolazione preferirebbe sempre di scendere a Cassino ove ha sede il Tribunale e dove si tengono i mercati», l’Ispettorato di fatto respinge la richiesta.
Passano molti anni prima di imbattersi in una ulteriore documentazione in grado di fornire informazioni sull’evolversi della vicenda. Arriviamo, in pratica, al tempo della Grande guerra. O, meglio, a qualche mese dalla sua conclusione. È, infatti, il 15 agosto del 1918 quando l’argomento viene ripreso dal Consiglio comunale[2] di Piedimonte che si riunisce sotto la presidenza del Cav. Uff. Pasquale Pelagalli.
Intanto, ci sono dei fatti nuovi: il sito destinato ad ospitare la stazione non è più al km. 141,378 ma al km. 130,588 della Roma-Napoli, si parla poi della istituzione di un posto telegrafico e, cosa più importante, che il Comune dovrà contribuire alle spese di impianto della nuova stazione con un contributo pari a 12.500 lire da raccogliersi «con oblazioni spontanee e volontarie tra tutti i cittadini del Comune», secondo una decisione presa in precedenza.
Si suppone che l’argomento sia un tema ricorrente nel chiacchiericcio locale dal momento che alla seduta in questione «assistono moltissimi cittadini del paese ai quali il presidente rivolge un caldo incitamento a concorrere con oblazioni spontanee alla creazione del fondo».
Appena, dopo, però, c’è quasi un colpo di scena: «i cittadini non verrebbero mai meno alla fiducia riposta in loro dagli amministratori comunali», fa notare il consigliere Pietro Ferdinandi che, poi, a nome del paese tutto, «rivolge un caldo appello al Comm. Aceto (…) perché voglia con la sua notoria e proverbiale generosità levare dall’imbarazzo l’Amministrazione comunale ed i cittadini che nell’ora attuale risentono i gravi ed impressionanti disagi della vita economica».
Nel replicare all’invito, il comm. Luigi Aceto dopo aver ringraziato Ferdinandi «per avergli dato agio di poter esternare i sentimenti dell’animo suo» ripercorre la lunga storia «per il conseguimento di una fermata ferroviaria», di cui egli stesso si fece promotore sin dal 1891, le varie iniziative successive, tra cui quella «sotto il sindacato del Sig. Tommaso Di Nallo», quando lui stesso «provocò anche il voto favorevole del Consiglio Provinciale di Caserta», ma la domanda non ebbe il beneplacito della Direzione Generale delle Ferrovie «la quale promise di prenderla in benevola considerazione dopo l’apertura dell’esercizio della Direttissima Roma-Napoli (via Formia, nda)».
Poi, «finalmente», dice ancora Aceto, «dopo l’installazione di un servizio telegrafico intermedio tra le stazioni di Aquino e Cassino, sotto l’attuale Amministrazione, mercé gli autorevoli uffici di S. E. Visocchi, la Direzione Generale delle Ferrovie è venuta nella determinazione di concedere la fermata al km. 130,588 per il sevizio viaggiatori e bagagli, dietro concorso del Comune».
Quindi, nel rispondere all’appello di Ferdinandi, Aceto dice: «Francamente devo dichiarare che sono stato pavido a farvi una mia proposta, temendo che la medesima potesse urtare i delicati sentimento delle migliori famiglie del paese, specialmente quelle rispettabilissime dei Sigg. Marsella e Pelagalli, nostri colleghi presenti alla seduta, ma se questi signori e voi tutti me lo permettete col vostro completo assenso e benevolenza, io finalmente dichiaro di supportare, anche a nome della mia Signora Rosa Aceto-Cardone tutta la spesa delle lire 12.500 nonché quelle per il contratto, occorrente per l’impianto ed esercizio della fermata anzidetta, liberando il Comune ed i cittadini di qualsivoglia onere ed aggravio».
Inevitabilmente, «nella sala dell’adunanze si fa una calda, unanime ovazione all’indirizzo del comm. Aceto» cui fanno seguito le parole di ringraziamento del Sindaco Pelagalli. Quindi, il Consiglio comunale «unanimemente» delibera la disponibilità del Comune a «sopportare» le spese per l’impianto della fermata al km. 130,592 e delega il comm. Luigi Aceto a stipulare per conto dello stesso Comune la relativa convenzione.
Articolata in più punti, questa, tra l’altro, prevede che l’Amministrazione delle Ferrovie si obbliga ad impiantare una fermata abilitata al servizio viaggiatori e bagagli «eseguendo a sua cura e spese l’espropriazione del terreno occorrente ed i lavori all’uopo necessari», ivi compreso il trasporto e la sistemazione di due baracche in legno costruite lungo la linea dopo il terremoto del 13 gennaio 1915, adattandole a sala d’aspetto, uffici ed alloggi per gli impiegati, oltre alla sistemazione dell’area interessata al servizio. Solo «la manutenzione del piazzaletto esterno posto fra la strada comunale e la baracca contenente la sala d’aspetto verrà fatta a cura e spese del Comune».
La stazione, operativa, pare, dal 1923, concluse la sua storia il 15 ottobre del 2000 con il trasferimento nella nuova struttura ubicata all’altezza del km. 128,988 che, oltre quella di “Piedimonte San Germano-Villa Santa Lucia”, inglobò anche quella di “Aquino-Castrocielo-Pontecorvo” la cui istituzione risaliva all’epoca dell’apertura al traffico della ferrovia, il 25 febbraio 1863.
© Costantino Jadecola, aprile 2020.
[1] Sindaco dal 1891 al 1906, consigliere provinciale, oltre che comunale, il comm. Luigi Aceto a quel tempo si era già reso disponibile per l’istituzione in loco di un asilo infantile a protezione della infanzia abbandonata realizzato con il patrocinio delle nobildonne Rosa Cardone, Rosa Cavacece ed altre nonché destinando la considerevole somma di 1.500 lire del tempo, qualcosa in più di 5.000 euro odierni, a favore sia delle vedove o dei genitori dei soldati morti in guerra. Nonostante tutto ciò, il comm. Luigi Aceto non si è meritato dal suo paese nemmeno l’intitolazione non dico di una strada o di una piazza ma di un modesto vicolo, secondo l’antico e mai smentito adagio che nessuno è profeta nella propria patria.
[2] Ne fanno parte il Comm. Luigi Aceto, il Cav. Luigi Federici, Antonio Sabatini, Bernardo Marsella, Pasquale Pecchia, Pietro ed Emilio Antonio Ferdinandi.