42 / LA NOSTRA GUERRA / VERSO LA CONCLUSIONE
Dopo quella notte d’inferno, sembra quasi che il nuovo giorno abbia difficoltà ad arrivare. Poi, però, quando il 12 maggio sufficientemente illuminato, consistenti squadriglie di caccia bombardieri alleati fanno precipitare i loro micidiali ordigni non solo sulle postazioni dell’artiglieria tedesca immediatamente prossime alla linea del fronte ma anche in altre zone della provincia di Frosinone.
Come a Castro dei Volsci quando, intorno alle 16, aerei alleati bombardano il centro abitato. Ma le bombe non colpiscono l’obiettivo. Tuttavia ci sono due morti: Anna Maria De Angelis(73 anni) e Giuseppe De Luca(63). O come a Piglio dove, quello stesso pomeriggio, intorno alle 18,15, testimonia Giorgio Pacetti, sulla chiesa di San Lorenzo e sul vicino convento dei Frati Minori Conventuali gli aerei alleati sganciano 18 bombe colpendo, oltre il convento e la chiesa, l’urna in vetro che custodisce il corpo del beato Andrea Conti; poi, appena dopo è la volta dell’altro convento degli stessi frati, ubicato ad ovest del paese e dedicato a San Giovanni Battista. I danni, in questo caso, non sono limitati alle strutture del convento: muoiono, infatti, padre Bonizio Rossie fratel Celestino Cecchettida Fumone; gli altri religiosi si salvano perché durante il bombardamento erano fuori delle mura del convento. E muoiono anche 5 soldati della compagnia tedesca che dal 1 febbraio 1944 occupa in pratica tutto il convento tranne 5 stanze, il refettorio e la cucina che continuano ad essere fruiti dai 7 religiosi che costituiscono la comunità.
Ma torniamo sulla linea del fronte. Al tirar delle somme, l’attacco della notte appena passata non è che sia stato particolarmente positivo: da parte alleata, infatti, si è in qualche modo costretti ad ammettere che lungo tutto il fronte è stata incontrata una dura resistenza con contrattacchi sostenuti da carri armati, mortai e mitragliatrici tant’è che se per inglesi ed americani l’inizio non è per niente incoraggiante, per i polacchi, poi, è addirittura tragico. Gli unici e, dunque, i primi che possono cantare vittoria sono i francesi di Juini quali, nel giro di ventiquattr’ore, riescono addirittura a sfondare la linea Gustav. Riferiscono, infatti, le cronache dal fronte che «nel settore della Quinta Armata, a sud del punto di confluenza dei fiumi Liri, Rapido e Garigliano, forze francesi che hanno dato il via all’intero attacco alleato hanno conquistato la cima del monte Faito, alta 770 metri, descritta come uno dei ‘capisaldi’ della profonda difesa nemica. Le truppe francesi si sono impadronite dell’altura soltanto dopo aver sopraffatto la più dura resistenza nemica e ne hanno conservato il possesso malgrado un violento contrattacco tedesco».
La divisione Dody, dopo la caduta di monte Maio, occupa Vallemaio. La fanteria marocchina e algerina conquistano insieme Ausonia. E’ poi la volta di S. Ambrogio, S. Andrea, S. Apollinare e Vallemaio. L’avanzata delle truppe francesi, quindi, si spinge verso la valle del Liri, sino ad approssimarsi a S. Giorgio a Liri mentre Coreno Ausonio viene addirittura oltrepassato e poi circondato dal rapido movimento delle truppe.
Scrive Rudolf Böhmler: «Il 14 maggio, dopo la conquista del Monte Ceschito, il Generale Guillaumesferra l’attacco in direzione del Monte Petrella. Già nella notte del 15 i Goumier scalarono il Monte Fammera a nord di Spigno e il 16 il generale occupa uno dopo l’altro il Monte Petrella (m. 1.533) e il Monte Revole (m. 1.285). Dopo un rifornimento eseguito da 36 bombardieri ‘Baltimore’, la marcia continua ininterrotta il 17 maggio. La sera i marocchini avevano conquistato Serra del Lago, Monte Faggeto e Monte Calvo».
Mentre nel settore inferiore del Garigliano la V armata si è spinta per circa 6 chilometri nelle difese tedesche è stato conquistato il villaggio di Santa Maria Infante e si sta attaccando Spigno — all’estremità settentrionale, l’VIII armata ha rafforzato il possesso della testa di ponte al di là del Rapido, approfondendola di circa 2 chilometri, e deve anche registrarsi la liberazione di Sant’Angelo in Theodice.
Intanto, mentre le truppe di colore del corpo di spedizione francese vanno all’attacco degli Aurunci, dal cielo gli aerei alleati sono particolarmente generosi nel lanciare bombe che, sebbene abbiano nei tedeschi i destinatari preferenziali, tuttavia causano anche, per non dire soprattutto, danni non indifferenti a cose e a persone.
Ad esempio, il bombardamento del 14 maggio è ricordato per essere stato particolarmente violento. Ne fanno le spese, tra gli altri, Ausonia, San Giorgio a Liri, Pontecorvo ed Esperia dove una bomba caduta sull’abitazione di Guglielmo Fantacone, in via XX settembre, provoca la morte di Teresa Cosaccoe dei figli Augusto(17 anni) ‚Grazietta(13), Lidia (11) e Marcello(2). Un altro figlio ed il marito della donna, Maurizio Benedetto Santamaria, invece, la fanno franca.
Né da meno è quello del giorno dopo.
Il 16 maggio, tutte queste situazioni continuano a svilupparsi positivamente per gli alleati. Infatti, i francesi completano l’occupazione di S. Giorgio a Liri e si spingono a nord e ad ovest di Ausonia sino a conquistare Castelnuovo Parano e ad occupare la cima di monte Fammera.
Sul fronte del Garigliano, intanto, si registrano l’occupazione di Spigno e di Capo d’Acqua, oltre tutta una serie di posizioni montane dominanti il lato sinistro della valle del torrente Capo d’Acqua, mentre l’VIII armata amplia di circa 4 chilometri la propria testa di ponte sul Rapido.
I francesi e gli americani della quinta armata puntano ormai sulla linea Hitler; i tedeschi, dal canto loro, cercano di difendere disperatamente l’accesso alla statale Casilina sul quale premono gli uomini dell’ottava armata. In questo contesto, truppe britanniche e indiane circondano ed occupano Pignataro Interamna.
E’ il 17 maggio. Le cronache del tempo riferiscono che «le forze francesi stanno prendendo contatto con gli avamposti della ‘linea Adolf Hitler’ nelle vicinanze di Monte d’Oro, una collina di circa 850 metri sovrastante l’intera pianura del Liri ed uno dei perni della seconda linea di difesa tedesca tra gli Appennini e il Tirreno. Le coraggiose truppe del generale Juin avanzano su due colonne verso questo punto situato ad occidente dell’arco descritto dalle fortificazioni, alle quali è stato dato il nome stesso di Adolf Hitler.
«Una colonna sta avanzando verso sud ovest da S. Giorgio, lungo la strada che conduce ad Esperia, alla base di Monte d’Oro, e che girando intorno all’orlo occidentale della cima porta a Pontecorvo, principale opera difensiva della catena dei predisposti fortini in acciaio e cemento armato, reticolati, campi di mine e postazioni di artiglieria attraverso il fondo valle del Liri. Questa colonna di truppe francesi è stata recentemente segnalata a soli tre chilometri e mezzo da Esperia.
«La seconda formazione francese è anche più vicina a questo caposaldo tedesco ma ora sta compiendo la sua avanzata attraverso le cabrose colline, in una zona quasi priva di strade».
Il 17 maggio gli algerini liberano Esperia mentre la I divisione francese conquista il monte d’Oro che è proprio lì davanti Esperia. Il 18 i francesi conquistano Sant’Oliva, frazione di Pontecorvo e il 19 sono ai margini meridionali di Pico, lo stesso giorno in cui i marocchini occupano Campodimele. Intanto, all’azione terrestre fanno da supporto le forze aeree che spaziano un pò in tutta la provincia.
A Ceprano, tra l’altro, viene bombardato uno dei due ponti sul Liri che, però, nel giro di qualche giorno i tedeschi riparano e riaprono al traffico; ad Alatri, scrive Angelo Sacchetti Sassetti, «due o tre bombe o spezzoni» cadono «verso le Dodici Marie, dove passava un carro coi fari accesi»; a Giuliano di Roma, annota Alvaro Pietrantoni, «aerei inglesi, a più riprese, bombardarono e mitragliarono la via che da Villa S. Stefano conduce ad Amaseno mentre era di passaggio una colonna di carri armati tedeschi in ritirata. Molte bombe vennero sganciate anche sotto Pisterzo, presso il mulino di Prossedi, dove gli alleati avevano avvistata un’officina tedesca per riparazioni di auto. Vennero uccise quattro persone, tra le quali una gestante».
Riferisce Pietro Vassalliche «alle tre del mattino, formidabili colpi di cannone batterono valle Giordana, Capodichino, Atina, monte Prato, la Serra di Casalattico» mentre «numerosi aerei si aggiravano ovunque, lanciando bombe su Villalatina, Atina, Sant’Elia, e poi verso Terelle, Aquino, Roccasecca, Pontecorvo. Da Monte Cavallo le cannonate alleate raggiungevano Gallinaro, San Donato Val di Comino e la contrada Rose».
A Ripi, ricorda Nicola Persichilli, sulle prime ore della sera, una squadriglia di dodici bombardieri alleati lancia alcune bombe che provocano la morte di Lucia Crecco,Rosa Giancarli, Teresa Vona, Loreto Zangrilli e dodici militari tedeschi.
Tornando in prima linea, la situazione è ormai matura perché il 18 maggio si verifichi l’avvenimento forse più atteso di tutti: la conquista di Cassino e di Montecassino.
Mentre truppe polacche si spingevano attraverso la montagna a sud e ad ovest di Cassino, quelle «britanniche hanno tagliato a nord da Sant’Angelo, proprio sotto la bocca dei cannoni pesanti nemici, che erano allineati sulle colline che si estendono come un muro all’estremità settentrionale della pianura del Liri, per impadronirsi della Casilina e tenerla saldamente dato che era la sola via di scampo per i tedeschi che difendevano Cassino. Questo attacco, eseguito all’alba di mercoledì, ha segnato il destino del bastione tedesco. Nonostante i frenetici sforzi dei paracadutisti tedeschi, compiuti la scorsa notte per irrompere lungo la strada e fuggire verso le desolate pendici montagnose, l’anello si è chiuso inesorabilmente attorno a loro e tutti sono stati sopraffatti.
«(…) E’ stato così che una delle più drammatiche battaglie della intera campagna italiana è giunta a una veloce ed inesorabile conclusione».
L’occupazione di Cassino — lo stesso giorno viene liberata anche Formia — procede attraverso luoghi ed edifici divenuti in questi mesi quasi mitici, il palazzo del Barone, il “Coliseum”, l’hotel “des Roses”, e viene completata entro le 14,30.
A Montecassino, intanto, all’attacco condotto dai polacchi, c’è la dura risposta dei “diavoli verdi” tedeschi che difendono a caro prezzo quell’ultimo baluardo della linea Gustav; ma un prezzo ugualmente caro lo pagano gli stessi soldati polacchi. La morte miete un ricco raccolto fino a quando, alle 10,20 del 18 maggio, la bandiera bianca e rossa non viene issata sulle macerie del monastero, che i paracadutisti tedeschi hanno abbandonato la notte precedente.
Quando i polacchi del reggimento “Podolski” assalgono le rovine dell’abbazia non vi trovano neppure un solo “diavolo verde” in condizioni di combattere. Solo un gruppo di feriti che i loro compagni non sono riusciti ad evacuare ed una grande desolazione(42,continua).
© Costantino Jadecola, 1994.