37 / LA NOSTRA STORIA / VITTIME INERMI
Nonostante siano impegnati a predisporre il grande attacco di maggio, anche ad aprile gli alleati di tanto in tanto non perdono occasione per farsi sentire con i loro ormai consueti bombardamenti aerei destinati ora a questo ora a quel centro del Lazio meridionale. E nemmeno la settimana santa pone un freno a questa frenetica attività. Anzi.
Ma anche i tedeschi non scherzano e mettono spesso in mostra, per dirla con don Antonio Biondi, tutta la loro «sfrenatezza». E’ un mese, insomma, non diverso dai precedenti con l’ormai consueto repertorio di drammatici avvenimenti.
A proposito di ciò che accade ad Alatri, il 2 aprile, Angelo Sacchetti Sassettiannota: «8,15, qualche bomba e lungo mitragliamento sulla Casilina e a Tecchiena dove 10 o 12 Tedeschi, quasi tutti ufficiali, sono morti. Cannoneggiamento spesso in mattina e notte».
Il 5 aprile, padreBalzeranie don Francesco Bracaglia, che stanno officiando nella chiesa della Madonna delle Grazie, a Frosinone, per via di alcune bombe cadute presso il distretto militare, sono addirittura costretti a darsela a gambe, sospendendo la celebrazione del sacro rito.
Quello stesso giorno, ancora Sacchetti Sassetti segnala «3 bombe (o 7) e mitragliamento alla Madonnina (Tecchiena). Quattro aeroplani» e, alle ore 21 del 7 aprile, il bombardamento della stazione di Fiuggi.
A Ceprano, stando a ciò che padre Angelico D’Arpinoannota nel diario del convento dei Carmelitani, pare che dagli ultimi giorni di gennaio l’aviazione anglo-americana non si sia fatta più sentire, ovvero «ha fatto sosta». Ma il 7 aprile la sosta finisce e, a mezzogiorno, «due ondate di numerosi apparecchi hanno battuto la zona sopra il convento (Martini-Simoncelli) provocando vasti incendi ai depositi di benzina.
«8 aprile: nella stessa ora di ieri sono stati ripetuti i bombardamenti aerei verso la zona di Carlesimo dove i tedeschi avevano le officine di riparazione. Anche qui sono stati provocati vasti incendi.
«12 aprile: nel pomeriggio di oggi apparecchi anglo americani hanno bombardato alcuni depositi di munizioni nei pressi della stazione ferroviaria provocando l’incendio di molti di essi e il crollo della casa Cucuzzoli situata a confine dei nostri terreni di Limate Bovi.
«In tutti i suaccennati bombardamenti di questo ultimo mese, nessun danno di qualsiasi rilievo è stato provocato al Convento».
L’8 aprile anche Piglio è obiettivo dell’aviazione alleata: il bombardamento provoca danni alla collegiata di Santa Maria Assunta gremita di fedeli per via delle funzioni del sabato santo. Alla fine si contano dieci morti: Angela Atturo, Maria De Santis, Adele Felli, Clorinda Felli, Alessandro Graziani, Colomba Loreti, Nazzarena Mapponi, Luigi Martucci, Matilde Necciae Lina Tuffi.
Ancora quell’8 aprile, annota don Luigi De Benedetti, «una formazione di caccia inglesi ha sganciato bombe e spezzoni su Colle Berardi dove da qualche settimana i tedeschi avevano depositato munizioni, togliendole, però, da qualche giorno. Gli spezzoni sganciati su Colle Berardi sono stati cinque: due hanno colpito la casa parrocchiale, sfondando il tetto e i soffitti, e un altro, in mezzo alla strada, ha sfondato la volta di un pozzo ed ha provocato la morte di due persone e ne ha ferite cinque. I morti sono Leo Bernardinofu Luigie Leo Mafaldadi Vincenzo. I feriti sono Leo Adolfodi Vincenzo, Leo Raffaelefu Francesco, Leo Anna di Ferdinando, Leo Elviradi Ferdinando, Peregrini Domenicavedova di Arturo. Gli altri tre spezzoni sono caduti nei dintorni della chiesa; qualche altro spezzone è caduto presso Santa Filomena, poco oltre le ‘Quattro strade’, sulla via che conduce a Veroli. Una scheggia colpiva gravemente nel corpo certo Gerardo Caringi, carrettiere di Scifelli, che si recava col suo carrettino a Veroli. Il Caringi lascia la moglie e numerosi figli, l’ultimo dei quali di pochi mesi.
« (…) Alle ‘Quattro strade’, oltre a Caringi Gerardo, morto, è stata ferita negli arti anche una donna».
Il 12 aprile, festa di San Sisto, ad Alatri, scrive sempre Angelo Sacchetti Sassetti, «dopo vari secoli, il Santo non viene festeggiato al solito modo».
Il 16 aprile, domenica in Albis, Veroli viene mitragliata e bombardata per la seconda volta. Scrive Mario Brocchi: «Morirono due ragazzi di una famiglia napoletana sfollata in via della Civerta e, all’ospedale civile, un ragazzo di Torrice ivi ricoverato per ferite. Trovò la morte la giovane signorina Giulia Pagliarini che, in seguito al mitragliamento presso il rione di Santa Croce, fu sottoposta all’amputazione di tutte e due le gambe. Nello stesso mitragliamento perse un braccio la signora Nazarena Magliocchetti».
Al convento dei Carmelitani di Ceprano, intanto, c’è sempre movimento, puntualmente annotato nel diario da padre Angelico D’Arpino: «21 aprile: una cinquantina di soldati della fanteria tedesca destinati al fronte di Cassino sono qui giunti stamane per farvi sosta e ripartire la sera. Il maresciallo Comandante la squadra tedesca qui residente li ha ricoverati nel nostro salone.
«Un infelice di essi, nell’evidente scopo di fare uno sfregio, con la baionetta ha inferto un colpo all’altezza del cuore del Bambino della B. V. del Carmine (grande oleografia su tela) che era situato sin dalla fondazione del convento nel Ripiano della Scala Nobile. In seguito a questo fatto sono stati ricoverati in luoghi riservati ai Religiosi tutti i quadri in tela che ancora si trovavano nel salone e altrove.
«22 aprile: per la prima volta è stato operato il cannoneggiamento a grande portata della stazione e ferrovia di Ceprano.
«23 aprile: alcuni colpi di cannone a grande portata hanno colpito l’abitato di Ceprano».
«A Morolo, qualche minuto prima della mezzanotte del 21 aprile, un paio di soldati tedeschi, scrive don Antonio Biondi, «si introdussero nella casa di campagna di Schiavi Francescoin contrada Farneto. Dopo aver frugato in ogni angolo e aver rubato una catenina e un anello d’oro, volevano coronare la loro nobile impresa col far violenza alla giovane figlia di nome Laura. Ma la giovane, robusta e coraggiosa, spalleggiata dai genitori, da degna discendente degli antichi volsci sempre indomiti, si difese bravamente, anche con potenti morsi che lasciarono segni ben visibili nelle carni di due messeri dagli appetiti suini».
Ancora a Morolo, un paio di giorni dopo, scrive sempre don Biondi, «due casucce di campagna, in contrada Varico, rispettivamente di proprietà di De Castro Tommasoe di Alteri Giuseppavedova Pietropaoli, furono ridotte in frantumi da bombe lanciate da aerei americani. Alcuni abitanti di quelle umili case furono estratti a fatica dalle macerie. Furono tuttavia fortunati perché se la cavarono con poche ferite non troppo gravi».
Anche il 24 aprile c’è un sostenuto movimento di aerei, ma nella zona di Alatri dove, intorno a mezzogiorno, bombe o spezzoni cadono presso la chiesa delle Dodici Marie ed a Pignano, Tecchiena e monte San Marino provocando morti e feriti.
Quello stesso 24 aprile a Sant’Ambrogio sul Garigliano i tedeschi fucilano Palma Della Grotta(68 anni) e l’avvocato Manlio Castelli(33). Per quale motivo, però, lo si ignora. Pare che i due si fossero conosciuti in località Pacitti, dove erano entrambi sfollati. Un giorno Castelli chiese a Palma, che conosceva molto bene la zona, di aiutarlo a passare dall’altra parte del Garigliano. Stavano quasi per riuscire nell’impresa a quando, in prossimità del ponte presso Sant’Ambrogio, vennero scoperti dai tedeschi.
A Isola Liri, invece, si registrano da tempo attacchi vandalici da parte di soldati tedeschi contro la chiesa di San Lorenzo e ciò che in essa è rimasto dopo il bombardamento dell’8 gennaio.
Tali atti si acuiscono proprio in quei giorni di aprile, tant’è, scrive Vincenzina Pinelli, che «il parroco informa la Segreteria del Vaticano con una lettera del 26 aprile 1944 e fa affiggere all’ingresso della parrocchia due cartelli, uno in lingua italiana e l’altro in lingua tedesca, così concepiti: ‘Profanata e devastata il 22 aprile 1944 a ore 16 da essi innominabili senza religione e senza coscienza morale, vergogna e disonore di ogni terra che è patria’. (La traduzione tedesca è stata lievemente addolcita per consiglio di un sacerdote tedesco)».
«Ciò nondimeno, il 4 maggio successivo le bande teutoniche credono bene di fare un nuovo ‘repulisti’ nella chiesa; visitano inoltre il palazzo Palermo e, non avendo più nulla da prendere, gettano nel fiume sottostante la statua del Cristo morto fra sonore risate. Giunto galleggiando presso il ponte, il simulacro viene devotamente raccolto dalla giovane passante isolana Bice D’Orazio».
Era quasi la fine di aprile. Sembrava proprio che i tedeschi se ne fossero andati via definitivamente. Non è che la loro presenza avesse mai creato «disagi alla popolazione civile»: del resto, si trattava dei soldati che operavano sul fronte di Cassino e che, a rotazione, venivano inviati a ritemprarsi in quella conca dell’alto Aniene che si apre fra Trevi nel Lazio e Filettino.
Però, era meglio così. Ci si stava appena abituando a quella idea quando all’alba del primo maggio almeno tre divisioni tedesche provenienti dagli Altipiani di Arcinazzo invadono la conca. Che hanno brutte intenzioni, lo si capisce abbastanza presto: setacciano letteralmente Trevi e i monti circostanti e non esitano ad uccidere Armando Caponi, 20 anni, che tenta la fuga da porta della Mola.
Don Domenico Calicchia, il parroco, che ha seguito la scena dell’uccisione, ricorda: «Corsi, gli fui subito vicino portandogli il conforto della fede. Gli amministrai i sacramenti della confessione, dell’olio santo e la benedizione apostolica prima che spirasse. Questa notizia è certamente conforto ai suoi cari.
«Volevo far ritorno in chiesa ma i soldati tedeschi, che mi avevano circondato, me lo vietarono e, vestito com’ero ancora di cotta e stola», lo condussero al campo Terravalle dove «distesi, inginocchiati a terra, disposti per la fucilazione davanti al plotone, vidi Angelino D’Ottavi, il maresciallo Sarni, il carabiniere Corsaro, Silverio Benassi, Podestà di Filettino, ed altri.
«Li benedissi, dando loro l’assoluzione. Forte si levò il loro grido: ‘Santissima Trinità!’. Furono salvi! Le scariche non vennero. Frattanto, tutta la popolazione, rastrellata casa per casa, fu condotta e ammassata proprio qui giù, circondata da mitraglie, col terrore e la tristezza sul volto di tutti per il pericolo, il timore, di una sommaria, immediata esecuzione. Tememmo il massacro!
«Alcuni volevano fuggire. Ma come? Ma dove? Fu allora che salito in un rialzo, gridando forte, si ristabilì la calma, sperando la salvezza solo in Dio.
Intanto, scrive Dante Zinanni, al gruppo dei guardati a vista vengono aggregati «i fratelli Ildebrandoe Torello Del Signoree Angela Callaricon i suoi due bimbi, presa al posto del marito Pierino, nascostosi in tempo tra i monti».
Ma perché quella massiccia invasione di soldati tedeschi?
Secondo Zinanni «due soldati tedeschi, travestiti da fuggiaschi stranieri, avevano scoperto la presenza in Trevi di prigionieri inglesi e di una radio trasmittente clandestina» di cui sarebbe stato in possesso Angelino D’Ottavi. Poi, però, la postazione era stata spostata sul campanile della chiesa.
Ma i tedeschi non riescono ad individuarla cosicché‚ dice don Domenico Calicchia, «verso le 19,30, con piena responsabilità assuntaci che nessuno fuggisse, si ottenne che la popolazione si trasferisse in Chiesa.
«Dal pulpito, Don Sandro faceva pregare il popolo. Si recitarono tanti Rosari dalle 20 alle 24. Ci mantenevamo sempre a contatto con il comandante che per radio era in comunicazione col Comando generale tedesco di Fiuggi.
«Solo a mezzanotte riottenemmo la libertà e, salvi, potemmo tornare a casa».
Non tutti, però. Infatti, Angelino D’Ottavi, Ildebrando Del Signore e Silverio Benassi i tedeschi li portano via. Da Trevi vengono portati dapprima a Tagliacozzo e quindi a L’Aquila dove sono condannati a morte dal tribunale militare tedesco. Ma un “provvidenziale” bombardamento aereo provoca la fuga sia dei carcerieri che dei carcerati. E’ il 13 giugno, giorno della festa di Sant’Antonio di Padova cui ognuno, in cuor suo, si sente in dovere di mandare un pensiero (37, continua).
© Costantino Jadecola, 1994.