9- Gli anni ’60 a Frosinone e provincia / QUARTIERI AL MICROSCOPIO
«Un campanile che impera e divide»: è il titolo di una inchiesta che Il Tempo, nell’estate di trent’anni fa dedica ai vari quartieri del capoluogo. A rileggerla, si ha quasi uno spaccato della città.
Il primo cui viene dedicata attenzione è il quartiere Stadio, nel cui processo evolutivo il Comune è assente. E quanto sia in fase di sviluppo «lo dimostra ampiamente il numero di officine, di negozi, di piccole o grandi industrie che da qualche anno sono andate man mano stabilizzandosi fino a raggiungere oggi una discreta fortuna economica». Il quartiere, poi, «va migliorando anche dal punto di vista estetico con villini signorili e ‘garbati’, con alberghi moderni ed efficienti, (…) una modernissima clinica» ed «il modernissimo campo del Coni». Ma «accanto allo sforzo positivo dell’iniziativa privata ci sono stati l’assenteismo e la noncuranza, la sciatteria e la indolenza di una classe dirigente e di una categoria particolare di amministratori comunali che niente ha fatto». «Qui non esiste una fontana, le fogne sono in stato di abbandono, il fiume serve per lo scarico». Insomma. «Dove l’igiene è opinione».
Per non dire dell’attesa «bonifica delle case minime», ovvero le due palazzine dove «furono raccolti tutti quei cittadini che, una volta, abitavano nel cosiddetto ‘Palazzaccio’, una costruzione amorfa, fredda e squallida che si innalzava in Frosinone città, nelle vicinanze di Largo Turriziani. Trasportati alle Case Minime, gli inquilini portarono con sé tutte le loro esigenze, i loro problemi, la loro particolare mentalità, la loro miseria, che proveniva, soprattutto, dalla mancanza di fonti di occupazione e di lavoro». Gli interessati non hanno dubbi: «Siamo trattati come cani e rappresentiamo il reparto isolamento di sor Memmo Ferrante (il Sindaco del tempo, ndr)!».
Non di molto dissimili i problemi del quartiere Ferrovia. I diecimila abitanti «sono in gran parte operai, piccoli imprenditori e commercianti, piccolissimi agricoltori che curano, attaccati tenacemente ad un fazzoletto di terra, i numerosi orti lungo le sponde del fiume Cosa, poverissimo di acqua» ma già ricco di «odori» tant’è che si dice che «i confini naturali del territorio di Frosinone non sono più quelli di una volta ma il vero Capoluogo inizia dal ponte sul Cosa perché da lì incomincia la puzza».
Anche al quartiere Ferrovia quel poco che si è fatto lo si deve «al coraggio ed alla operosità dell’iniziativa privata. Si deve ai vari Spaziani, Minotti, Campioni, Di Sora, Zeppieri, Marchigiani e Gaudiosi e a qualche altro se il quartiere Ferrovia – che vanta intanto una delle percentuali più alte di disoccupati — non è morto del tutto». Ma quali sono i problemi? Vediamoli dai titoli proposti dall’inchiesta: «Le fognature, la scuola e i passaggi a livello: tre ostacoli allo sviluppo dell’intera zona»; «Chinino contro le epidemie»; «Una nuova piaga: migliaia di roditori in casa»; «Centinaia di bambini dello Scalo alla ricerca di un’aula scolastica» (l’unico edificio scolastico degno di questo nome è quello di via Puccini); «Le tante promesse per piazzale Kambo specialità elettorale per tutti i candidati»; «Attesa da anni una nuova farmacia».
Al quartiere Pescara, invece, gli amministratori «si sono dimenticati di costruire le strade» tant’è che il «sentiero dei Vignali» è altrimenti noto come «la pista di Nairobi». Il problema igienico, poi. non è di secondaria importanza, anche per la presenza di stalle, «fonti di mosche, moscerini e zanzare».
Il quartiere Sant’Antonio è una «infelice sintesi di brutture ed eleganza». Sarebbe ora, perciò, che «vedesse finalmente il primo colpo di piccone per il suo rinnovamento materiale, che significherebbe anche il rinnovamento dello spirito dei suoi abitanti, che abituati a vivere nell’indecente casbah, stanno perdendo anche il senso della civiltà e della decenza».
Madonna della Neve, in ultimo. «L’importante agglomerato urbano che conta attualmente 5.000 abitanti, ha risentito in modo particolare, come tutti i nuovi quartieri frusinati, dell’esplosivo sviluppo di questi ultimi anni, palesando disfunzioni paradossali nel campo dei servizi pubblici.
«Che il quartiere si sia enormemente sviluppato, è un fatto certo. La riprova è fornita dalla stessa delegazione comunale, istituita e funzionante nella zona dal primo gennaio 1958» (Fine).
© Costantino Jadecola, 1990.