A SANT’ELEUTERIO PER GRAZIA RICEVUTA

A SANT’ELEUTERIO PER GRAZIA RICEVUTA

Quel 27 mar­zo 1831 i Decu­ri­oni del Comune di Aquino — Michelan­ge­lo Frat­tale, Gia­co­mo e Andrea Fus­co, Sal­va­tore Di Bel­lis, Celesti­no Di Bran­co, Giuseppe Pela­gal­li, Tom­ma­so ladeco­la e Giuseppe Maz­zarop­pi — era­no riu­ni­ti pres­so la Can­cel­le­ria comu­nale con il Sin­da­co Roc­co Bonan­ni per dis­cutere di argo­men­ti privi di ecces­si­va impor­tan­za allorché si pre­sen­tarono «spon­tanea­mente molti cit­ta­di­ni (…) di diverse clas­si e con­dizioni». Chi abbia par­la­to, non si sa. Ma chi lo fece iniz­iò il suo dire ram­men­tan­do ai pre­sen­ti la pro­fon­da ven­er­azione «per una reliquia del tan­to mira­coloso San­t’Eleu­terio medi­ante la quale i Comu­ni con­vici­ni e di qualche dis­tan­za a fol­la con­cor­rono gior­nal­mente a sper­i­menta­re gli effet­ti del­la idro­fo­bia», ossia del­la rab­bia, uno dei cui sin­to­mi è cos­ti­tu­ito dal­l’avver­sione per l’ac­qua, in gen­erale, e per i liq­ui­di. Pare, infat­ti, che San­t’Eleu­terio fos­se par­ti­co­lar­mente dota­to nel fare gra­zie del genere, invo­ca­to com’era sia con­tro i mor­si dei cani che con­tro quel­li  dei ser­pen­ti: una leggen­da (o una sto­ria?) che nasce, in prat­i­ca, quan­do il San­to muore. Ma chi era San­t’EIeu­terio? Suol dirsi che fos­se un pel­le­gri­no d’o­rig­ine inglese (o irlan­dese?) vis­su­to prob­a­bil­mente nel pri­mo decen­nio del VII sec­o­lo che, dopo aver a lun­go girova­ga­to per i luoghi san­ti del­la Palesti­na, avvian­dosi ver­so Roma, sostò pres­so la cosid­det­ta “Torre del pedag­gio” in ter­ri­to­rio di Arce, suc­ces­si­va­mente iden­ti­fi­ca­ta con il nome del San­to, dove, super­a­to il Liri, era pos­si­bile accedere nel­lo Sta­to Pontificio.

Qui vana fu la ricer­ca da parte di Eleu­terio di un tet­to per la notte — addirit­tura, un oste Io mise in fuga aiz­zan­dogli con­tro due grossi cani — cos­ic­ché egli fu costret­to a pas­sar­la sot­to le stelle, si dice nel luo­go ove poi sarebbe sor­to il San­tu­ario a lui dedicato.

Ma non ce la fece a ved­er l’al­ba. Al mat­ti­no, infat­ti, lo trovarono mor­to: i fero­ci cani del­l’oste gli face­vano da cus­ci­no men­tre alcu­ni ser­pen­ti era­no immo­bili ai suoi pie­di; intorno alla vita, poi, gli trovarono una grossa cate­na di fer­ro, un cili­cio, insom­ma, che nel tem­po si sarebbe trasfor­ma­to in due chi­avi, di cui una anco­ra cus­todi­ta pres­so la Basil­i­ca Cat­te­drale di Aquino e l’al­tra nel­la Chiesa di Arce, chi­avi divenute in prat­i­ca reliquie e come tali uti­liz­zate all’oc­cor­ren­za per scac­cia­re il male da chi ne era affet­to, ani­male o uomo che fosse.

Ovvi­a­mente si gridò al prodi­gio tant’è che Eleu­terio, anche per via dei molti mira­coli di cui si era reso artefice, fu proclam­a­to san­to sen­za che si cel­e­brasse alcun proces­so canon­i­co. La sua ven­er­azione, che non oltrepassò i con­fi­ni del­la Dio­ce­si — arrivan­do, comunque, nei cen­tri più prossi­mi ad Arce (Cepra­no, Fontana Liri, Monte San Gio­van­ni Cam­pano, Stran­go­la­gal­li) — pro­prio ad Aquino tro­vò tali con­sis­ten­ti ade­sioni che già nel 1582 pare esistesse una cap­pel­la ded­i­ca­ta al San­to Pel­le­gri­no che avrebbe così pre­so il pos­to dei suoi prece­den­ti «tito­lati», ovvero San Sebas­tiano e San Rocco. 

Ques­ta cap­pel­la evi­den­te­mente non era più con­sona all’im­por­tan­za del San­to se in quel­la riu­nione del Decu­ri­on­a­to aquinate l’anon­i­mo rap­p­re­sen­tante dei suoi fedelis­si­mi, anche a nome dei «forastieri». dice che, «per mag­gior­mente accrescere la devozione» ver­so Eleu­terio è nec­es­sario che «si costru­is­ca den­tro la Chiesa Cat­te­drale una Cap­pel­la uni­ta­mente alla statua».

— «Ma con quali sol­di?» chiedono i Decurioni.

— «Non c’è da pre­oc­cu­par­si!» rib­at­te l’anon­i­mo por­tav­oce: «per sup­plire alla spe­sa occor­rente a det­to lavoro devono «eleg­ger­si quat­tro dep­u­tati sec­o­lari e due capi­to­lari» che «nel­l’am­bito del Dis­tret­to» andran­no ele­mosi­nan­do la som­ma occor­rente. Del resto, lui e gli altri son venu­ti pro­prio per­ché si nomini­no t sei «ele­mosi­na­tori».

Di fronte a tale deter­mi­nazione, i Decu­ri­oni non han­no alcunché da obi­ettare. Anzi, «con­sideran­do che tale opera accresce mag­gior­mente la devozione di fedeli Cit­ta­di­ni e forastieri; con­sideran­do che il San­to ha fat­to per tale devozione molte gra­zie, tra le quali e da annover­ar­si quel­la fat­ta cir­ca due anni sono ad un ragaz­zo di Pied­i­monte di cir­ca anni quat­tordi­ci, il quale essendo sta­to dai par­en­ti con­dot­to lega­to, per essere sta­to total­mente assal­i­to dal pre­det­to mor­bo d’idro­fo­bia (sic!), non appe­na chi­es­ta la grazia al San­to dagli astan­ti e dal­l’Ar­ciprete per parte del ragaz­zo cir­ca mez­z’o­ra dopo restò sano e sal­vo e vivo; con­sideran­do che il Comune di Aquino aven­do un San­to cotan­to mira­coloso con­tro un mor­bo che in breve spazio di tem­po dis­trugge la vita dell’uomo è per esso di vitu­pe­rio il non costru­ir­gli un altare e una stat­ua; con­sideran­do che tut­ti i Comu­ni qua­si del­l’in­tero Dis­tret­to di Sora con­cor­rono gior­nal­mente a bacia­re la reliquia di San­to Eleu­terio per ricev­erne la grazia e ne partono con­tenti», il Decu­ri­on­a­to è unanime nell’accogliere la richi­es­ta e nel for­mu­la­re i nomi dei sei ques­tu­an­ti. Che sono i due Canon­i­ci don Ser­afi­no Fan­tac­cione e don Lui­gi Pela­gal­li e, per i laici, Francesco Bonan­ni, Giuseppe Maz­zarop­pi, Gre­go­rio Di Bran­co e Giuseppe Fus­co fu Francesco.

C’è da sup­pone che l’e­si­to del­l’inizia­ti­va abbia dato risul­tati pos­i­tivi se si fu in gra­do sia di costru­ire la Cap­pel­la, adi­a­cente la Cat­te­drale nel­la parte pos­te­ri­ore, che di real­iz­zare una pregev­ole stat­ua in leg­no, opera di un anon­i­mo artista napo­le­tano, mira­colosa­mente scam­pa­ta alla furia dev­as­ta­trice del­la sec­on­da guer­ra mondiale.

La ven­er­azione per San­t’Eleu­terio, anco­ra viva in Arce e ter­ri­to­rio lim­itro­fo– ricor­do, a tal propos­i­to Sto­ria e leggen­da di un San­to e del suo San­tu­ario, uno scrit­to del com­pianto don Enzo Tav­er­nese (Pro Loco Arce, 1979) -, ad Aquino — è invece ces­sa­ta del tut­to da almeno mez­zo sec­o­lo, anche se il suo ricor­do è tes­ti­mo­ni­a­to anco­ra dal­la chi­ave e dal­la statua

Del resto, di quel tipo di rab­bia è tem­po che non c’è più trac­cia. E San­t’Eleu­terio, che non ha avu­to l’ac­cortez­za di spe­cial­iz­zarsi in altro, è rimas­to dis­oc­cu­pa­to e, per di più, sen­za cas­sa integrazione.

© Costan­ti­no Jadeco­la, 1992

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