L’ANFITEATRO DI AQUINUM FAGOCITATO DALLAUTOSTRADA

L’ANFITEATRO DI AQUINUM FAGOCITATO DALLAUTOSTRADA

Si era tra gli anni Cinquan­ta e Ses­san­ta del sec­o­lo scor­so quan­do, nel vol­gere di appe­na otto anni, si fu in gra­do di costru­ire i 755 chilometri di quel­la che in orig­ine fu chia­ma­ta Autostra­da del Sole. Insom­ma, si andò spedi­ti, Anzi, più che spedi­ti, al pun­to che il trac­cia­to entrò a gam­ba tesa nel ven­tre dell’anfiteatro di Aquinum (I sec­o­lo d.C.), al chilometro 659+561, sen­za nem­meno ren­der­si con­to del mis­fat­to che si sta­va com­pi­en­do, anche per­ché all’epoca non ci fu alcuno che si pre­oc­cupò di seg­nalarne la pre­sen­za. Non cer­to per neg­li­gen­za, ben­in­te­so, ma per­ché i tem­pi era­no quel­li che era­no e sebbene si andasse spedi­ti ver­so il cosid­det­to mira­co­lo eco­nom­i­co, almeno dalle par­ti nos­tre, dove a quel tem­po anco­ra si sen­ti­vano i ven­ti di una guer­ra lun­ga e dolorosa, i prob­le­mi era­no altri e non c’era pro­prio il tem­po di pen­sare a cose diverse da quelle imposte da una quo­tid­i­an­ità dif­fi­cile da gestire. Né, evi­den­te­mente, del­la pre­sen­za dell’anfiteatro se ne resero con­to tec­ni­ci e costrut­tori; ovvero, se se ne resero con­to, preferirono far fin­ta di niente: in fon­do si era nel bel mez­zo di una cam­pagna e non vi era nul­la a seg­nalare la pre­sen­za dell’importante reper­to, «sit­u­a­to a sud del­la via Lati­na, nell’angolo tra ques­ta e le mura»[1], vale a dire in piena campagna. 

Di dimen­sioni supe­ri­ori «a quel­lo di Amiter­num, di Alba Fucens e del­la stes­sa Pom­pei»[2]il suo asse mag­giore ester­no supera i 115 metri, e l’asse minore ester­no può cal­co­lar­si a 96 metri»[3], vale a dire che era in gra­do di ospitare tra i 20 e i 25mila spet­ta­tori men­tre le mis­ure dell’arena super­a­vano i 1.800 metri qua­drati (55m. per 33). 

A ved­er­lo, agli inizi del Dician­noves­i­mo sec­o­lo, anche se ormai in avan­za­ta fase di con­sun­zione, era sta­to l’abate Domeni­co Romanel­li che così ne par­lò: «…ed arrivam­mo alla sec­on­da por­ta, per la quale usci­va la via Lati­na per arrivare a Fregelle. E’ qua­si tut­ta rov­ina­ta. Al di là, rip­ie­gan­do ad ori­ente, incon­tram­mo le ruine dell’anfiteatro, oggi ridot­to ad orti, e ad un abituro di ani­mali bru­ti. Non ostante quest’uso pra­vo, che si è fat­to di un’opera così rispet­ta­bile, pure ha gio­va­to moltissi­mo alla dura­ta de’ suoi nobili avanzi. Infat­ti in quelle camere si vedono tut­tavia bel­lis­si­mi pezzi di fab­bri­cazione reti­co­la­ta, e siti de’ cor­ri­doj, e de’ pas­sag­gi, e qualche resid­uo di mar­mi. Nell’orto con­tiguo si dis­tingue tut­to­ra la pianta ovale dell’arena con rotte mura intorno, dove i gios­tra­tori si azzuf­fa­vano. Qui sono state rin­venute, come udii dal­la mia gui­da, delle molte anti­chità preziose»[4].

Più o meno un sec­o­lo dopo analo­ga for­tu­na toc­cò al prof. Eliseo Grossi che osservò «una grande depres­sione del ter­reno, in for­ma cir­co­lare, sui bor­di del­la quale spun­tano, di tan­to in tan­to, degli avanzi di mura reti­co­late, dis­poste in giro e con­ver­gen­ti ver­so il cen­tro; nel­la stes­sa direzione sono gli altri muri, pure in reti­co­la­to, che si osser­vano sui fianchi del casi­no, com­ple­tati con muratu­ra mod­er­na per adat­tar­li a nuovi usi»[5].

Quan­do, sul finire degli anni ’80, sem­pre del sec­o­lo scor­so, si rese nec­es­sario ampli­are la sede stradale dell’importante arte­ria con la costruzione di una terza cor­sia, vis­to che pri­ma o poi, per ovvi motivi, l’anfiteatro sarebbe tor­na­to alla rib­al­ta, Soprint­en­den­za arche­o­log­i­ca e Soci­età Autostrade mis­ero, come suol dirsi, le mani avan­ti e par­larono subito di un “Prog­et­to di val­oriz­zazione dell’area dell’anfiteatro romano di Aquinum e di riqual­i­fi­cazione ed ampli­a­men­to dell’Area di Servizio” Casili­na con acces­so sia dall’interno che dall’esterno del­la stes­sa Autostra­da ed il cui prin­ci­pale rifer­i­men­to sarebbe sta­to il cosid­det­to casale Bonan­ni, già Abbate­co­la, una costruzione set­te­cen­tesca real­iz­za­ta pro­prio su una parte dell’antico ed impor­tante reperto. 

A con­fer­ma di queste inten­zioni destò stu­pore il fat­to che piut­tosto che uti­liz­zare le ruspe per i lavori nel­la zona inter­es­sa­ta si preferirono i più “del­i­cati” pic­coni che, nel giro di qualche mese, com­in­cia­rono a riportare alla luce del sole le strut­ture di base dell’anfiteatro su entram­bi i lati dell’importante arte­ria oltre un paio di dolia globu­rari[6], con­teni­tori di gran­di dimen­sioni per il trasporto e la con­ser­vazione di der­rate ali­men­ta­ri solide e liq­uide, strana­mente poi cus­todi­ti pres­so il museo di Cassi­no come, del resto, il noto let­to in avorio.

1988. Men­tre altrove la terza cor­sia com­in­ci­a­va a man­i­fes­tar­si, nell’area dell’anfiteatro la situ­azione più che stagnare veni­va sospe­sa del tut­to men­tre a ridos­so di essa l’area des­ti­na­ta a par­co veni­va uti­liz­za­ta come dis­car­i­ca per il mate­ri­ale di ripor­to. Da allo­ra, quell’area è rimas­ta così come a quel tem­po venne las­ci­a­ta al pun­to che, nel­la zona inter­es­sa­ta, in Autostra­da non dovrebbe esser­ci nem­meno la cosid­det­ta cor­sia di emer­gen­za men­tre le strut­ture di base del­la strut­tura, soprat­tut­to i cuni­coli sot­ter­ranei, fuori­escono dalle scarpate laterali. 

Tem­po dopo, intorno al 2005, venne abbat­tuto anche il casale Bonan­ni, quel­lo che dove­va esse il cen­tro del par­co arche­o­logi­co, per­ché, si disse, «ormai com­ple­ta­mente fatis­cente». Si trat­ta­va, per­al­tro, come dichiarò Autostrade per l’Italia rispon­den­do ad una cir­costanzi­a­ta denun­cia del Sin­da­co di Aquino del tem­po, il prof. Antoni­no Grin­cia, di oper­azioni comunque pre­viste nel “Prog­et­to di val­oriz­zazione” «in quan­to pro­pe­deu­tiche e nec­es­sarie allo svilup­po del­la prog­et­tazione del­lo sca­vo arche­o­logi­co dell’anfiteatro»[7].

Sta di fat­to che da allo­ra non si è più mossa nem­meno una foglia a parte una pri­ma (ed ulti­ma) indagine di sca­vo con­dot­ta nel 2010: a spadroneg­gia­re sull’area che avrebbe dovu­to essere il Par­co arche­o­logi­co dell’anfiteatro di Aquinum si è svilup­pa­ta così una fol­ta veg­e­tazione spon­tanea men­tre ciò che res­ta del casale set­te­cen­tesco, dici­amo la parte stor­i­ca del­la strut­tura, quel­la inglo­ba­ta nell’anfiteatro, pare sia diven­ta­ta una stalla.

© Costan­ti­no Jadeco­la, otto­bre 2021.


[1] Michelan­ge­lo CAGIANO DE AZEVEDOAquinum. Isti­tu­to di Stu­di Romani Edi­tore, 1949, p. 44.

[2] Eliseo GROSSIAquinum. Roma, Erman­no Loesch­er & C.(W. Regem­ber) 1907, p. 87.

[3] Idem

[4] Domeni­co ROMANELLIViag­gio da Napoli a Mon­te­cassi­no. Napoli, Pres­so Ange­lo Trani, 1819, pp. 144–145.

[5] Eliseo GROSSIop. cit., pp. 86–87.

[6] Giuseppe CERAUDO- Gio­van­ni MURROAquinum. Giulio Gren­zi Edi­tore Fog­gia, 2018, p.41

[7] Antoni­no GRINCIALa dis­truzione del casale Bonan­ni in Aquino. In Stu­di Cassi­nati. Anno IV, n. 3. Luglio-Set­tem­bre 2006, p. 133 e segg.

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