POSTA FIBRENO, C’ERA UNA VOLTA UN LAGO

POSTA FIBRENO, C’ERA UNA VOLTA UN LAGO

di Gian­ni Fabrizio

L’arti­co­lo che di segui­to si pro­pone, pub­bli­ca­to sul numero 6, anno I (giug­no 1971), di Cio­cia­ri­aset­tan­ta, men­sile di attual­ità, cos­tume e folk cio­cia­ro, vuole essere un pen­siero di ricor­do e di affet­to per il Suo autore, Gian­ni Fab­rizio, scom­par­so tre mesi or sono.

Un lago. due frazioni, un cen­tro: questo è Pos­ta Fibreno. Ed è pro­prio il lago lo spec­chio fedele del­la vita di questo paese del­la Valle di Comi­no, cos­ti­tu­ito comune autonomo nel 1957 dopo la scis­sione con Vicalvi, ed oggi travaglia­to da una crisi ammin­is­tra­ti­va, tut­to­ra al vaglio del­la Mag­i­s­tratu­ra, che potrebbe di qui a non molto pre­clud­ere alla nom­i­na di un Com­mis­sario prefettizio.

Per rut­ti gli anni cinquan­ta il lago era sem­pre bel­lo, puli­to, sen­za alghe ed erbac­ce; si può dire che tut­ta la popo­lazione maschile di Pos­ta pas­sasse gran parte del­la gior­na­ta sul lago e sui ter­reni adi­a­cen­ti, strap­pati metro per metro alle acque a cos­to di un duro e con­tin­uo lavoro di ripor­to di ter­ra. Poi, rap­i­da­mente, il Iago cam­biò aspet­to: alghe, erbe, canne palus­tri restarono indis­tur­bate e lo imbru­tirono. Era accadu­to che gli uomi­ni resisi con­to che non era pos­si­bile con­tin­uare a vivere lot­tan­do con l’acqua, pre­sero a emi­grare las­cian­do il lavoro tradizionale per trovarne un altro. I campi ed il lago restarono cosi abban­do­nati. Alle donne ed ai vec­chi rimasti in paese altro non era dato fare che atten­dere ogni mese, in lunghe file, davan­ti all’Uf­fi­cio Postale, di riscuotere le rimesse degli emi­grati men­tre al Iago si inter­essò, con una moto­bar­ca addet­ta alle pulizie l’Am­min­is­trazione Provinciale.

Ora il flus­so migra­to­rio si è arresta­to. Pare, anzi, che sia già in atto l’on­da­ta di ritorno: dopo alcu­ni anni pas­sati all’es­tero, i mura­tori ed i manovali di Pos­ta Fibreno han­no ripreso la stra­da di casa con i sol­di mes­si da parte e tan­ta voglia di lavo­rare non lon­tani dalle pro­prie famiglie. Sen­za evi­den­te­mente con­sid­er­are le dif­fi­coltà iner­en­ti la ricer­ca di una occupazione.

D’al­tro can­to, gli emi­grati che sono tor­nati in paese non tor­nano a lavo­rare nei campi: han­no impara­to ad avere la loro bra­va bus­ta paga a sca­den­za fis­sa e l’agricoltura, si sa, non paga; molti, dunque, han­no trova­to lavoro da man­u­ali a Sora e din­torni, ma la crisi dell’edilizia è sem­pre in aggua­to; i più for­tu­nati, invece, sono rius­ci­ti ad entrare alla Cartiera del Sole; altri, infine, sono costret­ti a spostar­si con­tin­u­a­mente a Frosi­none e in altre local­ità del Nucleo Indus­tri­ale. Da con­ta­di­ni, dopo essere sta­ti emi­grati oggi sono divenu­ti pen­dolari. Ed atten­dono anch’essi il decol­lo indus­tri­ale del­la Valle di Comi­no per lavo­rare un po’piò vici­ni a casa c dare sem­mai una mano alle loro donne rimaste «regine dei campi».

Guaio grosso per Pos­ta Fibreno è l’antagonismo tn gli abi­tan­ti del cen­tro arroc­ca­to sul­la col­li­na, in splen­di­da panoram­i­ca, e quel­li dei due nuclei più con­sis­ten­ti di Carpel­lo e di Casal Vit­to­ria. Di inter­esse cap­i­tale per il cen­tro «stori­co» di Pos­ta potrebbe essere l’allacciamento stradale con Vicalvi, da una parie, e con la stra­da per Cam­poli-PescasseroIi, dal­l’al­tra. La stra­da per Vicalvi-Alvi­to ridarebbe val­ore alla zona dei tradizion­ali vigneti del Casale, oggi sem­pre più abban­do­nati, men­tre la stra­da per Cam­poli-Pescasseroli darebbe ossigeno al tur­is­mo, richia­man­do a Pos­ta Fibreno e dal suo lago le cor­ren­ti tur­is­tiche di Pescasseroli e del Par­co Nazionale d’Abruzzo.

A propos­i­to di tur­is­mo, nel piano di asset­to ter­ri­to­ri­ale, Pos­ta Fibreno con il suo lago non è sta­ta min­i­ma­mente pre­sa in con­sid­er­azione dal momen­to che il lim­ite del­la zona tur­is­ti­ca dovrebbe essere il trac­cia­to del­la Sora-Cam­poli-Pescasseroli. Sec­on­do questo piano, dunque, il cen­tro tur­is­ti­co più tradizionale alle porte di Sora non sarebbe più tale, come se fos­se pos­si­bile can­cel­lare, di pun­to in bian­co, sì evi­dente realtà.

Si riv­ela così mag­gior­mente autole­sion­ista la feroce lot­ta delle frazioni ten­dente ad iso­lare il cen­tro, cosa, d’altro can­to. che avviene auto­mati­ca­mente per via del pro­gres­si­vo spopo­lar­si dovu­to e alla caren­za di aree fab­bri­ca­bili e alle poco con­fortevoli abitazioni esistenti.

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