40 / LA NOSTRA GUERRA / ‘GIUSTIZIASOMMARIA

40 / LA NOSTRA GUERRA / ‘GIUSTIZIASOMMARIA


Alle Mon­ti­celle di Fal­vater­ra, in local­ità Colle­man­no, ai con­fi­ni con Cas­tro dei Volsci, fra la fine di otto­bre e l’inizio di novem­bre del 1943 si trasferiscono, alla ricer­ca di una mag­giore tran­quil­lità, molte famiglie di Cepra­no. Tut­to pro­cede per il meglio, ovvi­a­mente in relazione all’epoca — si ten­ga pre­sente che anche gli uffi­ci comu­nali di Cepra­no sono sta­ti trasfer­i­ti a Fal­vater­ra — tant’è, rac­con­ta Dino Onofri, che «le prime set­ti­mane trascorsero qua­si piacevol­mente, poiché erava­mo sicuri che sarebbe sta­ta ques­tione di poco altro tempo».

Invece non è così. Anzi, scrive Onofri, «la sera del 10 gen­naio, come por­ta­ta dal ven­to, arrivò la notizia del­lo sfol­la­men­to di Fal­vater­ra ed anche noi, pen­san­do che avreb­bero sfol­la­to tut­ta la zona, ci preparammo a subire la triste odis­sea; vicev­er­sa ciò non avvenne e tut­to las­ci­a­va prevedere un sol­lecito epi­l­o­go poiché pas­sati pochi giorni, sapem­mo del­lo sbar­co Alleato ad Anzio.

Il peg­gio, però, deve anco­ra venire.

La mat­ti­na del 27 gen­naio incom­in­cia a dif­fonder­si la voce che i tedeschi,  il giorno seguente, avreb­bero fat­to una razz­ia di bes­ti­ame nel­la pia­nu­ra. E così è. Ma l’allarme, subito dif­fu­sosi, con­sente, all’alba del 28, di met­tere gli ani­mali al sicuro su una vic­i­na col­li­na dove ven­gono trasfer­i­ti attra­ver­so una passerel­la sul Sac­co. Ma è una pre­cauzione inutile. Scrive, infat­ti, Onofri che «i Tedeschi, aven­do trova­ta la zona presta­bili­ta per la razz­ia com­ple­ta­mente sen­za bes­ti­ame, salirono anche loro in col­li­na e vi ras­trel­larono ben 18 bovini.

«Fu allo­ra che il mai repres­so odio degli abi­tan­ti del­la zona esplose vio­len­to: si vede­vano por­tar via sen­za com­pen­so e con sch­er­no la loro prin­ci­pale ric­chez­za, il bes­ti­ame. Vollero rea­gire. Radunati, cap­i­ta­nati, inci­tati dal gio­vane Fran­co Valeri, come per incan­to arma­tis­si­mi, si attes­tarono vici­no alla passerel­la ed aspet­tarono al var­co i lor­ci che tron­fi scen­de­vano a valle con la pre­da già pre­gu­s­tan­do lau­ti pasti.

«L’azione coman­da­ta dal Valeri fu breve ma effet­ti­va­mente bril­lante. I Tedeschi, pur essendo armati, furono pre­si in mez­zo all’improvviso fuo­co di sbar­ra­men­to dei par­ti­giani e pri­ma abban­donarono il bes­ti­ame e poi, alzate le mani, si arresero.

«Che fare di quel­li inco­mo­di pri­gion­ieri, di cui uno solo lieve­mente ferito?».

Anche se c’è chi sug­gerisce di uccider­li, occul­tan­done poi i cadav­eri per non far trapelare l’accaduto, dopo un solo giorno, però, i pri­gion­ieri ven­gono las­ciati liberi.

Ovvi­a­mente, la reazione tedesca non si fa atten­dere. Scrive Onofri: «dopo due giorni e due not­ti pas­sati sem­pre all’erta, nell’alba bru­mosa del 30 Gen­naio vedem­mo una don­na salire affan­nosa­mente per dar­ci la brut­ta novel­la: oltre 200 Tedeschi, arma­tis­si­mi, sta­vano venen­do su. Qua­si con­tem­po­ranea­mente sen­tim­mo degli spari: era­no altri tedeschi che scen­de­vano dal­la parte di Pas­te­na ed in unione ai pri­mi chi­ude­vano in un cer­chio, di lupi affamati, tut­ta la zona. Per un mira­co­lo io e i pochi altri sfug­gim­mo alle maglie dell’accerchiamento, diri­gen­do­ci pri­ma ver­so Fal­vater­ra e poi, con una con­ver­sione, sul­la vet­ta del­la mon­tagna. Di lassù, con il cuore in gola, assis­tem­mo all’infame repressione.

«Tut­ti i cani furono uccisi; tut­ti i bovi­ni razz­iati; tutte le mis­ere case messe a soqquadro; qual­cu­na incen­di­a­ta e indis­tin­ta­mente tut­ti gli uomi­ni arresta­ti..: Alfre­do Andreozzi,Eleu­terio Arcese,Mario Arcese,Nico­la Arcese,Francesco Berar­di,Mar­i­ano Car­li­ni,Rena­to Caru­so,Gio­van­ni Cec­ca­rel­li,Giuseppe Cec­ca­rel­li, Lui­gi Cec­ca­rel­li, Pietro Cer­voni,Aldo Coc­cia,Giuseppe Colan­toni,Francesco Con­ti,Arduino Cuc­coz­zo­lo,Arduino De San­tisOrlan­do Fac­cen­da,Anto­nio For­tu­na, Bernar­do For­tu­na,Gae­tano For­tu­na,Pasquale Frances­cuc­ci,Anto­nio Gal­li­na,Domeni­co Gal­li­na,Francesco Gal­li­na,Giuseppe Gem­ma,Fer­nan­do Gian­nic­chi,Anto­nio Grav­ina,Cesare Grav­ina, Domeni­co Grav­ina,Sante Grav­ina,Dona­to Grossi,Lui­gi Ignag­ni,Giuseppe Lom­bar­di,Lui­gi Lom­bar­di,Gae­tano Mag­ni,Gae­tano Man­darel­li,Vit­to­rio Mar­coc­cia,Alessan­dro Mar­i­ani,Eliseo Mat­teo,Mar­co Mat­teo,Bernardi­no Merol­li,Dino Merol­li,Umber­to Nal­li,Arduino Otta­viani,Francesco Otta­vianiPao­lo Otta­viani, Elio Pan­ic­cia,Nun­zio Pan­ic­cia,Calogero Ped­ala,Lui­gi Poli­dori,Arduino Polise­na, Lui­gi Polise­na,Giuseppe Ranel­li, Gio­van­ni Ric­ci,Lui­gi Ric­ci,Lui­gi Rosel­li,Arduino Rossi, Arduino Rossi, Francesco Rossi, Roc­co Rossi, Alber­to Rov­el­li, Pietro Savone, Aldo Semen­til­li, Lore­to Semen­til­li, Arman­do Toma­di­ni, Anto­nia Trani, Gio­van­ni Trani, Loren­zo Trani,Alfre­do Vac­ca,Anto­nio Vac­ca,Arman­do Vac­ca,Giuseppe Vac­ca,Lui­gi Vac­ca,Alfre­do Valeri,Costan­ti­no Valeri,Francesco Valeri,Orlan­do Valeri,Arman­do Ven­tu­ra,Cesare Visel­li.

«Era­no qua­si tut­ti estranei al fat­to prece­den­te­mente rac­con­ta­to; quei pochissi­mi che vi ave­vano pre­so parte, di che cosa pote­vano essere colpevoli? Di aver dife­so e volu­to ripren­dere il pro­prio bes­ti­ame rapinato?

«Incolon­nati, accom­pa­g­nati da lon­tano dal pianto straziante delle donne e dei bam­bi­ni, furono por­tati al coman­do tedesco sit­u­a­to al con­fine fra Cepra­no e Ripi. Furono mes­si in cer­chio e sem­brò che dovessero essere tut­ti indis­tin­ta­mente uccisi, poiché tedeschi fecero sapere a mez­zo dell’interprete, che tut­ti era­no per lo meno rei di com­plic­ità. Non fu dato ad essi cibo alcuno. Furono poi por­tati a pie­di ad un carcere provvi­so­rio in Arce e las­ciati anco­ra per due giorni sen­za vit­to. A chi chiede­va di bere rispon­de­vano: ‘aprite la boc­ca, se piove vi disseterete’.

«Oh supre­ma gius­tizia tedesca!

«Fra i pri­gion­ieri era­no dei vec­chi più che set­tan­ten­ni: Bernar­do For­tu­na, Trani Gio­van­ni, vi era un muti­la­to del­la Grande Guer­ra pri­vo di un brac­cio: Domeni­co Grav­ina, vi era un ragaz­zo tredi­cenne: Aldo Semen­til­li. Pote­vano essere essi min­i­ma­mente colpevoli? Eppure tut­ti, sen­za alcu­na dis­crim­i­nazione, furono suc­ces­si­va­mente trasportati al reclu­so­rio di Paliano ed ivi con­seg­nati ai carcerieri ital­iani i quali, è doveroso dir­lo, cer­ca­vano di alle­viare la sorte dei poveri pri­gion­ieri ma ne era­no impedi­ti dal capo carceriere che, dimen­ti­co di essere ital­iano, ordi­na­va ai suoi dipen­den­ti di non aver con­tat­to con i detenu­ti e di non scam­biare con loro paro­la alcuna».

Allo stes­so episo­dio si inter­es­sa anche don Quiri­no Angeloni poiché alcu­ni dei pri­gion­ieri sono di Cas­tro dei Volsci. Tut­tavia, la ver­sione che egli ne dà si dis­cos­ta alquan­to dal rac­con­to di Dino Onofri: “Giorno 30 gen­naio 1944. Oggi il cam­po d’azione dei rap­ina­tori tedeschi s’è sposta­to in con­tra­da Camar­rone. La popo­lazione già in allarme li accoglie a colpi di fucile fer­en­done due: un mares­cial­lo leg­ger­mente e un solda­to grave­mente. Al gius­to risen­ti­men­to popo­lare il coman­do tedesco risponde ordi­nan­do la cat­tura di ottan­ta civili sfol­lati in ques­ta local­ità che ven­gono por­tati, dopo essere sta­ti tat­uati sul­la fronte con inchiostro gras­so, e bat­tuti con cal­ci e pug­ni, nei pres­si del con­ven­to dei Padri Carmeli­tani di Cepra­no. Dopo un som­mario inter­roga­to­rio, solo quat­tordi­ci sono trat­tenu­ti e trasfer­i­ti ad Arce dove privi di ogni cibo, l’indomani subis­cono un altro lunghissi­mo inter­roga­to­rio e quin­di sono trasfer­i­ti nel pen­iten­ziario di Paliano. Dove, nuo­va­mente inter­ro­gati, ven­gono bat­tuti e insul­tati. Il man­gia­re con­sis­terebbe sem­pre in brodaglia, tor­si di broc­coli e buc­ce di patate una vol­ta al giorno, aumen­ta ancor di più le sof­feren­ze dei pri­gion­ieri che han­no come com­pag­no Don Sil­vio Bergonzi, Par­ro­co di S. Pietro in Pofi».

Tra il 28 mar­zo ed il 14 aprile, con un proces­so farsa svoltosi in due riprese e sen­za che gli impu­tati potessero ben­e­fi­cia­re del sacro dirit­to alla dife­sa, Alfre­do Andreozzi, Gio­van­ni Cec­ca­rel­li, Lui­gi Ignag­ni, Calogero Ped­alà, Anto­nio Ric­ci, Gio­van­ni Ric­ci, Francesco Rossi e Costan­ti­no Valeri ven­gono con­dan­nati a morte sen­za appel­lo con una sen­ten­za che già il 29 aprile viene attua­ta in tut­to e per tut­to. Ma a quel­la fucilazione riescono “mira­colosa­mente” a sfug­gire due degli otto, cioè Lui­gi Ignag­ni e Anto­nio Ricci.

Scrive Dino Onofri «che meri­ta di essere ricorda­to l’eroismo di Rossi Francesco, sopran­nom­i­na­to ‘fis­chia il sas­so’, che con­dot­to alla fucilazione, per for­tu­na­ta com­bi­nazione, pote­va anco­ra scap­pare ma non lo volle, sicuro che il suo gesto sarebbe ricadu­to in dan­no di altri due suoi fratel­li pure essi prigionieri.

«Non ave­vano forse ragione i nos­tri padri, i nos­tri vec­chi maestri quan­do ci dice­vano di odi­are la raz­za Teu­ton­i­ca? E’ questo odio, che la folle allean­za fascista vol­e­va trasfor­mare in sin­cero cam­er­atismo, che noi abbi­amo il dovere di trasmet­tere ai figli, come è nos­tro dovere dis­prez­zare e ten­er dis­costi, come bestie immonde, quan­ti volon­tari­a­mente col­lab­o­rarono col tedesco invasore.

«Quan­do poi giunse la notizia che sei dis­graziati era­no sta­ti uccisi, sen­tim­mo ancor più viva tut­ta la nos­tra mis­e­ria. Le risorse ali­men­ta­ri era­no finite da un pez­zo, i nos­tri figli ave­vano fame, le nos­tre case a Cepra­no dis­trutte dai bom­bar­da­men­ti. Cre­de­va­mo di essere abban­do­nati da Dio e dagli uomini.

«Da questo estremo rilas­sa­men­to fum­mo sveg­liati, final­mente, il 12 mag­gio dall’inizio dell’offensiva aerea prepara­to­ria alla grande offen­si­va di Cassino».

Sul­lo stes­so foglio che ospi­ta la rab­bia di Dino Onofri — Il Comune, un “numero uni­co” pub­bli­ca­to a Cepra­no il 2 mag­gio 1945 — c’è un altro “pez­zo” sul­lo stes­so argo­men­to, «Paliano, 28 aprile 1944», pri­vo di fir­ma ma pre­sum­i­bil­mente attribuibile al dott. Rober­to Jaco­v­ac­ci che di quel gior­nale è il diret­tore respon­s­abile: «Non avete nes­suna col­pa: ma essi non era­no uomi­ni, era­no belve asse­tate di sangue, del vostro sangue inno­cente. Ci han det­to che vi fecero scav­are da voi stes­si la fossa.

«Vollero essere insieme tor­tu­ra­tori e carn­efi­ci per farvi san­ti e mar­tiri, per ren­dervi a noi più venerati e cari.

«Francesco! Non li arrestò il tuo sor­riso anco­ra infantile. 

«Calogero! La tua giovinez­za non seppe par­lare ai loro cuori.

«Costan­ti­no! Il tuo crine bian­co non pote­va trovare rispet­to pres­so chi era annega­to nel fan­go di una grande mis­e­ria morale. E cadeste così, gli uni sug­li altri, assieme ai vostri com­pag­ni di pas­sione e di morte.

«Un anno è già passato.

«E la più atroce feri­ta infer­ta al cor­po tan­to pia­ga­to di Cepra­no che san­guina anco­ra. Le vostre immag­i­ni si ergono sub­li­mi avan­ti ai nos­tri occhi e ci par­lano di con­for­to e di sper­an­za. La luce del vostro sac­ri­fi­cio non ci addi­ta la via dell’odio, ma quel­la dell’amore.

«Francesco, Calogero, Costan­ti­no! I vostri volti sono rac­chiusi nei più inti­mi e gelosi sacrari dell’anima nostra.

«Ci avete las­ci­a­to un tale pat­ri­mo­nio ide­ale, che nes­suna vio­len­za e nes­suna sci­agu­ra potrà più ritoglierci».

Il fat­to che Jaco­v­ac­ci riv­ol­ga il suo pen­siero solo alla memo­ria di Francesco (Rossi), Calogero (Ped­alà) e Costan­ti­no (Valeri) sta evi­den­te­mente a sig­nifi­care che dei sei fucilati soltan­to essi tre sono orig­i­nari di Cepra­no; sono, infat­ti, di Cas­tro dei Volsci sia Alfre­do Andreozzi (31 anni) che Gio­van­ni Cec­ca­rel­li (29) e Gio­van­ni Ric­ci (26), di ognuno dei quali res­ta una let­tera scrit­ta ad un pro­prio caro appe­na pri­ma di essere fucila­to (40, con­tin­ua).

© Costan­ti­no Jadeco­la, 1994. 

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